I ruggenti anni 70/80

Posts written by xericos

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    Grazie
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    Debutta al Salone di Ginevra del 1980 e raccoglie il testimone dalla 308 GT4. Il tema è quello del coupé 2+2 ad alte prestazioni con motore V8 centrale. Pininfarina allunga il “passo” di 10 cm rispetto al vecchio modello ed ottiene così maggior spazio per i sedili posteriori. Accurati trattamenti anticorrosione, grande cura nei dettagli e nell’ergonomia degli interni, meccanica d’alta classe rispettosa delle norme anti inquinamento completano il profilo di quella che si può definire come la prima “world car” prodotta dalla Ferrari.
    La Mondial 8 fu annunciata al Salone di Ginevra del 1980 e andò a sostituire il modello Dino 308 GT4. Nella denominazione della vettura la parola “Mondial” si rifaceva alla storia della Ferrari, in particolare alle vetture sport degli anni cinquanta che portavano questo nome, mentre la cifra otto indicava il numero di cilindri presenti nel propulsore. Fu la prima Ferrari stradale a essere equipaggiata con l’iniezione del carburante prevista di serie.

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    Il disegno del corpo vettura fu realizzato dalla matita di Pininfarina e, rispetto alla vettura uscente, si presentava di maggiori dimensioni quasi in ogni sua parte, tranne che per la cilindrata dell’unità motrice.

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    L’abitacolo era di certo più grande e luminoso rispetto a quello della 308 GT4, ma ciò era anche conseguenza dell’allungamento di 100 mm del telaio. Anche le carreggiate erano state oggetto d’incremento: di 35 mm quella anteriore e di 57 mm quella posteriore. Il corpo vettura di maggiori dimensioni aveva aumentato di 144 kg il peso del veicolo e ciò, unito al sistema dell’iniezione del carburante, aveva reso le sue prestazioni un po’ più tranquille in confronto a quelle della 308 GT4.
    Come negli altri modelli coevi di Ferrari a due posti con motore V8, la Mondial 8 proseguì il tema della linea a cuneo con la griglia del radiatore posta sotto il paraurti anteriore. Dove gli altri modelli a due posti avevano paraurti molto sottili di color nero satinato, la Mondial 8 era dotata di paraurti avvolgenti di maggiori dimensioni che incorporavano le luci di posizione, i fari antinebbia e gli indicatori di direzione sulla parte anteriore.
    L’unità motrice della Mondial 8 derivava in sostanza dal medesimo progetto utilizzato per i modelli 308 GT4, ma era equipaggiata d’iniezione del carburante Bosch K Jetronic e di accensione elettronica Marelli MED 803A Digiplex. La potenza dichiarata era di 214 cavalli. La sua configurazione era a novanta gradi, con doppi alberi a camme in testa per bancata di cilindri comandati da cinghia dentata. La cilindrata totale era di 2926 cc con alesaggio e corsa di 81 mm x 71 mm, lubrificazione a carter umido e numero di riferimento interno per le vetture destinate al mercato europeo F 106 B 000.
    Il propulsore era montato in posizione trasversale e conteneva in un sol blocco il cambio a cinque rapporti sincronizzati, sito nella parte inferiore dietro il carter umido del motore.
    L’interno offriva quattro sedili anatomici: i due posteriori erano separati da un largo appoggia braccia centrale sopra il quale era posta una tasca elastica. La strumentazione e gli interruttori principali erano contenuti in un cruscotto rettangolare, sito sulla plancia davanti al guidatore.
    Gli interruttori per gli accessori erano invece situati nella console centrale tra i sedili, dietro la grata del cambio a settori. La console centrale conteneva anche l’autoradio e un pannello di controllo e terminava con il portacenere sito tra gli agganci delle cinture di sicurezza.

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    La Mazda Carol è il nome che identifica una serie di piccole vetture, prodotte dalla casa Giapponese dal 1962 fino al 1970. Queste vetture rientrano nella categoria detta Kei car. Le Kei car sono quelle vetture di piccole dimensioni che pagano meno tasse, che nel sol Levante si basa su peso, cilindrata e prezzo della vettura. Le kei-car sono lunghe al massimo 3,4 metri, larghe 1,48 metri e hanno un motore con una cilindrata e una potenza massima rispettivamente di 660 cc e 47 kW pari a 64 cv.

    Mazda P360 Carol
    Il primo modello prende il nome di Mazda P360 Carol, presentata nel febbraio del 1962, è una berlina a 4 posti con carrozzeria a 2 porte, lunga 2.980 mm, con un interesse di 1.930 mm, il peso di 525 kg è perfetto per il piccolo motore di soli 358 cc quattro cilindri raffreddato ad acqua, tutto in lega leggera, montato posteriormente, abbinato ad un cambio meccanico a 4 marce con le sole prime tre marce sincronizzate.
    La Mazda Carol P360 aveva il corpo monoscocca, sospensioni indipendenti sulle 4 ruote con barra di torsione. L’abitacolo invece era angusto, piccolo, ma la vettura ebbe comunque un ottimo successo di mercato, tanto da arrivare ad assorbire il 67% del mercato concernente, la Kei Car.

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    A maggio del 1962, è presentata una versione più lussuosa, denominata Mazda P360 Deluxe, è rivista anche l’inclinazione del lunotto, per mantenerlo più pulito in caso di pioggia.
    Nel 1963 è rivisto il motore che guadagna 20 cv, e viene affiancata alla versione 2 porte anche la versione a 4 porte.
    Nel 1966 vi è un piccolo restyling, la vettura è alleggerita, nuovi sono i paraurti, la ruota di scorta è spostata dal vano anteriore in quello posteriore, aumentando così lo spazio per i bagagli. Inoltre il cambio finalmente è tutto sincronizzato.
    Nel 1969, per rispettare l’inasprimento delle norme di sicurezza, la vettura è dotata di appoggiatesta e cinture di sicurezza, sarà prodotta fino al 1970 in 265,226 esemplari.

    Mazda P360 Carol
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    Mazda P360 Carol Deluxe
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    Mazda Carol 600
    La Mazda Carol 600 è presentata nell’autunno del 1962, molto simile alla versione P360, monta un motore più potente di 586 cc, anche le dimensioni sono analoghe, risulterà più lunga solo per il paraurti più prominente, nessuna modifica per lo spazio dedicato ai passeggeri, che come nella Mazda p360, risulta piccolo.
    La vettura seguì le evoluzioni della versione con cilindrata minore, introducendo la versione Deluxe nel 1963, che variava dalla versione base per un aumento di parti cromate e per l’introduzione della versione a 4 porte.
    La produzione terminerà nel 1964 dopo essere stata prodotta in 8.800 esemplari, è sostituita con l’introduzione della serie Mazda Familia 800, una berlina più grande e spaziosa.

    Mazda P600 Carol Deluxe
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    Edited by xericos - 27/12/2015, 19:38
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    Dopo l’esperimento della Citroen M35, la Citroen non cessò di pensare al motore rotativo, nulla valsero i problemi di affidabilità che questo tipo di motore aveva riscontrato, tanto da far sparire la NSU, anzi decise di produrre una serie della sua vettura più riuscita ultimamente, la Citroen GS, una vettura che fu eletta auto dell’anno e che aveva una linea moderna e aerodinamica, con un ottimo rapporto qualità prezzo.
    La versione della GS con motore rotativo sarà presentata nel 1973 al Salone di Francoforte. Il motore era posto longitudinalmente, dotato di due rotori per una potenza totale di 1990 cc e 107 cv per una velocità massima di 175 km/h, abbinato a un cambio semi automatico a 3 rapporti.

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    Conosciuta anche con il nome di Citroen Gz, la Birotor era identica esteticamente alla Gs da cui deriva, cambiava solo nella zona posteriore, dove i passaruota erano ridisegnati per ospitare i pneumatici posteriori maggiorati 165 x 14.

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    All’interno i rivestimenti erano più ricercati, essendo la Citroen Gs Birotor la versione di punta della gamma.
    Per ovviare al consumo di carburante il serbatoio venne aumento passando da 43 a 56 litri. La macchina, grazie al motore rotativo era molto silenziosa, il tutto abbinato alle sospensioni idropneumatiche la rendeva molto confortevole.
    Purtroppo, come successo per le NSU R80 e per la Citroen M35, non tardarono a manifestarsi le lacune ed i limiti imposti da un motore rotativo, eccessivo consumo di carburante e di lubrificante, senza dimenticare anche la poca affidabilità del propulsore, che ne minarono pesantemente la reputazione della GS birotor.
    Dopo solo 2 anni dall’inizio della produzione, nel 1975 la Citroen Gs Birotor viene sospesa, dopo aver venduto solamente 873 esemplari. Inoltre la Citroen, per recuperare la sua reputazione, decise di richiamare tutti gli esemplari prodotti e venduti e distruggerli, previa sostituzione di questi esemplari con altrettante Citroën CX da destinare gratuitamente ai clienti delusi.
    Dopo quest’altro insuccesso la casa Francese abbandonerà del tutto l'idea di produrre motori Wankel, sancendo così la fine della collaborazione con la NSU.

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    Gli anni ’70 furono un periodo molto importante per l’industria automobilistica, che vide il suo apice ed il suo ridimensionamento con la guerra del Kipur del ’73, che vide la più grande crisi petrolifera dell’epoca, che vide un innalzamento del petrolio, che interruppe di fatto un arresto della crescita economica e che costrinse molte case a bloccare i progetti iniziati e di ridimensionarne i futuri, si cercò quindi di ottimizzare i motori, l’efficienza e la funzionalità, e cercando di farli consumare il meno possibile. Di lì a poco ci sarà, infatti, il boom dei motori Diesel, che sono visti con un occhio di riguardo per la potenza e la capacità di contenere i consumi.
    In questo scenario entrano in gioco Felix Wankel con il suo motore rotativo e la Citroen, quest’ultima sempre attenta alle innovazioni da applicare alle proprie vetture. Gli studi sul motore rotativo di Wankel iniziano nel 1920, e dopo la guerra entra a lavorare presso il centro studi NSU, dove realizza, nel 1957, in collaborazione con Frode il primo prototipo di motore rotativo, mentre nel 1963 un motore rotativo viene montato per la prima volta sulla NSU spider, un monorotore di 448 cc, in gradi di sviluppare 50 cv e di spingere la vettura a oltre 150 km/h.

    Felix Wankel
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    Il motore rotativo sembra la nuova frontiera, tanto che altri costruttori, gli americani con la Gm e i Tedeschi della Mercedes iniziano a studiarne le potenzialità, ma sicuramente è la Francia con la Citroen a impegnare gli investimenti maggiori, investimenti iniziati negli anni ’30 e che porterà alla costruzione di nuovi impianti come quello in Bretagna, nel nord della Francia a Rennes la Janais nel 1958 e di acquisizioni come il controllo totale della Maserati nel 1968. Senza dimenticare la sperimentazione di soluzioni tecnologiche avanzate, da sempre fiore all’occhiello della casa del doppio Chevron, la Citroen 2cv e la Ds ne sono un tipico esempio.
    Nel 1968, proprio la voglia di sperimentazione porterà alla costruzione di una nuova società la Comobil, in cui troviamo la Citroen e la NSU, una società comune per lo sviluppo degli studi del motore rotativo e, dopo tre anni, a Comotor, una vera e propria filiale per la produzione futura. Da quest’unione prenderà vita, tra il 1968 e il 1970, il prototipo della citroen, la M35.

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    Nel frattempo la NSU nel 1967 aveva creato la NSU R80, una vettura tecnicamente innovativa, dotata di un motore a due pistoni rotanti ciascuno di 497,5 cc per 115 CV e 180 km/h. Vettura dell’anno nel 1968, la Ro80 risulterà poco affidabile, di fatto l’immagine del modello ne uscì distrutta, trascinando con sé il marchio che all’inizio degli anni ’70 era già divenuto parte del gruppo Volkswagen.

    NSU R80
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    La Citroen proseguì le ricerche, il primo prototipo fu realizzato dal carrozziere Heulez partendo da un’Ami 8, fu rivisto il frontale, creando una vettura coupè a due porte grazie al tetto abbassato e rastremato, nuovi interni e quattro posti. Motorizzata con un motore Wankel di 497.5 cc e 49 cv per una velocità massima di 144 km/h abbinato ad un cambio a 4 velocità, dalla Citroen Ds, riprendeva le sospensioni idropneumatiche, montate per la prima volta su una vettura di queste dimensioni.

    Schema sospensioni
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    Inizialmente il progetto prevedeva di costruire 500 esemplari numerati, da assegnare a clienti selezionati, che dovevano, in pratica, fungere da collaudatori e, che si impegnavano di non vendere la vettura e di renderla alla Citroen nel momento in cui decidevano di cambiarla. Purtroppo la vettura era molto delicata, difficilmente le automobili riuscivano a superare i 30.000 km, inoltre erano tassate maggiorante, visto che il motore era paragonato ad una cilindrata di 1.100 cc. il Wankel era semplice, raffinato e presentava vantaggi indubbi: il rotore (un pistone a tre lobi) e l’albero motore attorno a cui esso ruotava erano le due sole parti in movimento. Rumorosità e vibrazioni erano ridotte, il motore era di dimensioni contenute e a parità di cilindrata era in grado di erogare una potenza maggiore rispetto al motore classico. Il motore aveva anche molti svantaggi, richiedeva leghe speciali per resistere alle escursioni termiche, la costruzione stessa era complicata e implicava procedure di temperatura e levigatura delle superfici. Un complesso di operazioni che richiedevano nuove ricerche in corso d’opera e rendevano i test indispensabili. Nell’uso, poi, come già aveva sperimentato la NSU con la Ro80, l’affidabilità era a dir poco discutibile.

    Motore rotativo M35
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    Il problema principale era la durata delle guarnizioni di tenuta del motore, sottoposte a pressioni e temperature che richiedevano una lubrificazione abbondante e accurata, inoltre erano molto elevati i consumi di benzina.
    Dei 500 esemplari di M35 previsti in origine ne vennero assemblati, tra il 1969 ed il 1971 solamente 267.
    La M35, i cui ultimi esemplari vennero ultimati e consegnati nel corso del 1971, servì da banco di prova per la produzione della GS Birotor (prima ed unica Citroen con motore rotativo prodotta in serie) e per la realizzazione di alcuni esemplari di un elicottero a rotore Wankel.
    Oggi la M35 è molto ricercata dai collezionisti, vista la rarità del modello e il bassissimo numero di esemplari prodotti, ciò ne fa una delle Citroën storiche più apprezzate e ricercate.

    Citroen M35
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    Si credo che sia veramente un'ottima macchina, ancora oggi moderna ed attuale
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    Con l’arrivo della Renault 6, una derivata più grande e confortevole della Renault 4, da cui riprende pianale e motori, il nuovo modello si mette in diretta concorrenza con la Dyane, che similmente alla Renault 6 era derivata da un’altra vettura la 2cv. La casa del doppio Chevron si trova ora con due vetture, la Citroen 2cv e la Dyane che stanno mostrando la loro anzianità di progetto ed un modello ormai presente da tempo l’Ami 6, che occupa un livello superiore come categoria di appartenenza.
    Si decise quindi di rivedere il progetto della Citroen Ami 6, mantenendone le caratteristiche saliente e aggiornando le parti ormai obsolete, rendendola più pratico e fruibile, il progetto, portò così alla nascita dell’Ami 8.
    Con la morte di Bertone nel 1964, sarà compito di Robert Opron rivisitare e aggiornare le linee del disegnatore italiano. Compito non complessi visto che le modifiche riguarderanno soprattutto la parte posteriore, la quale risulterà più slanciata, perdendo la forma particolare dell’Ami 6, in realtà la coda viene rivista per integrarci un portellone, cosa mal vista da sempre dall’allora presidente Pierre Bercot, il quale ha sempre manifestato una grande avversità verso le vetture con portellone posteriore perché gli ricordavano troppo un mezzo commerciale.

    Robert Opron
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    Ma in questi anni, con l’arrivo di nuove vetture, come la Simca 1100, l’Autobianchi Primula e le stesse vetture di casa Renault, che tra parentesi stava portando l’uso del portellone anche su vetture di classe superiore come la Renault 16, ci si rende conto che le richieste di autovetture stanno cambiando, la gente è sempre più orientata verso vetture pratiche, non a caso la stessa Citroen Ami 6, nella versione Break, fece impennare le vendite nel 1964, data della sua presentazione.
    In ogni caso, per non turbare troppo gli animi del presidente Bercot, Opron evitò di dotare la Ami 8 di un vero portellone, e si limitò ad un semplice sportello incernierato alla base del lunotto.

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    La presentazione iniziò nel 1969, da prima con una campagna pubblicitaria, che solleticava la curiosità del pubblico affiggendo in tutta la Francia manifesti con giochi di parole che introducevano alla vettura, ma senza svelarla. L’11 marzo dello stesso anno, al Salone di Ginevra è presentata ufficialmente la Citroen Ami 8, mentre ai vertici di Citroen viene presentata a Lione sempre nel 1969.
    Tra il 12 ed il 15 marzo, i cartelli enigmatici vengono sostituiti con quelli che riportano la nuova vettura, ora ormai svelata.
    A partire dal 17 marzo, cominciarono le campagne pubblicitarie radiofoniche ed anche le prime comparse negli spazi pubblicitari di alcuni quotidiani. Contemporaneamente i primi esemplari apparvero nei concessionari francesi, in maniera tale da poter essere toccati con mano da quella potenziale clientela che non aveva avuto modo di vedere la vettura a Ginevra, oppure di chi voleva provarla su strada. All’inizio del mese di aprile, la campagna di lancio della nuova Citroen poté considerarsi conclusa. Vi fu il tempo di diffondere altri annunci pubblicitari su altre riviste francesi di quel periodo.
    Esteticamente la vettura era una Citroen Ami 6 con una nuova coda di tipo Fastback, anche se non dotata di portellone ma di un più semplice sportello che non inglobava il lunotto. Nella parte posteriore, anche il montante assunse un andamento di tipo più convenzionale, che contribuì ad accrescere la capacità del bagagliaio. I fari posteriori erano di nuovo disegno, quadrangolari e di piccole dimensioni. I paraurti, sia anteriori sia posteriori, erano provvisti di rostri ricoperti in gomma. Rimanendo nella zona posteriore, tra i rostri era posto un alloggiamento per la luce destinata all'illuminazione della targa.
    Il frontale aveva subito pochissime modifiche, che erano dedicate alla nuova calandra trapezoidale, un nuovo cofano motore, in cui la famosa concavità presente nell’Ami 6 è stata accentuata per rendere più gradevole e meno tormentato il disegno della zona anteriore. Inoltre, i fari non erano più sovrastati dalla nervatura costituita dalla battuta del cofano motore e che andava a proseguire fino ai parafanghi: tale nervatura fu eliminata per contribuire alla pulizia del disegno del muso.
    La vista laterale della Ami 8 evidenziava anch'essa una novità, che non stava semplicemente nel fatto di apprezzare meglio il disegno della coda, bensì nella sua superficie vetrata laterale, passata da due a tre finestrini, per un totale di otto, se si comprendono anche lunotto e parabrezza. Questa soluzione era destinata a conferire maggior luminosità all'abitacolo e a favorire la visibilità in manovra.

    Citroen Ami 8 esterno
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    L’abitacolo risultava più grande, soprattutto nella parte posteriore, il posto guida vide l’arrivo di un nuovo cruscotto e di una nuova plancia maggiormente imbottita per attutire le conseguenze di un urto. Il volante era invece lo stesso della Ami 6, nuovi i pannelli porta e i sedili di nuovo disegno.

    Citroen Ami 8 cruscotto
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    Tecnicamente la Citroen Ami 8 riprendeva le soluzioni delle ultime Ami 6, ritroviamo il telaio a pianale su cui si imbullona la carrozzeria, il comparto sospensioni riprende le geometrie tipiche delle ultime Ami 6, vale a dire con ruote indipendenti, molle elicoidali, molloni orizzontali di compensazione, ammortizzatori anteriori idraulici telescopici, ammortizzatori posteriori ad inerzia e barra antirollio all'avantreno. Rimasero quindi immutate le eccezionali doti di tenuta della strada che già avevano convinto oltre un milione di clienti dell’Ami 6.

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    Immutato l’impianto frenante a tamburo, gli anteriori entrobordo e i posteriori fissati su i mozzi ruota.
    Lo sterzo era anch'esso mutuato dalla Ami 6, ma era più demoltiplicato ed il piantone dello sterzo aveva un'inclinazione diversa.
    Nessuna modifica per quanto riguarda il motore si trattava della stessa unità boxer bicilindrica, raffreddato ad aria, utilizzata su la Citroen Ami 6, con testate in lega di alluminio, distribuzione a valvole in testa, cilindrata di 602 cc e potenza massima di 35 CV SAE (o 32 CV DIN).
    Il cambio previsto era manuale a 4 marce, con frizione monodisco a secco, anche in questo caso lo stesso della Ami 6. In alternativa era però possibile optare per un cambio a frizione centrifuga.

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    Al suo debutto, la Ami 8 fu proposta in due varianti di allestimento, Confort e Club. Quest'ultimo, che era l'allestimento di punta, comprendeva nella dotazione anche i sedili anteriori reclinabili e rivestiti in tessuto e skai, pavimento rivestito in moquette e cornici dei finestrini cromate. Le Ami 8 dei primi anni non avevano il classico stemma del "double chevron" sulla calandra.

    Citroen Ami 8 Confort
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    Citroen Ami 8 Club
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    Nel settembre del 1969, sei mesi dopo il lancio, la gamma si arricchì con la Ami 8 Break, che sostituì la versione giardinetta dalla Ami 6.

    Citroen Ami 8 Break
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    Contemporaneamente, anche l’Ami 6 Service, cioè la Break destinata ad un utilizzo commerciale, venne sostituita dalla Ami 8 Service.
    Entrambe queste versioni erano dotate di un vero portellone che agevolava l'introduzione di bagagli, merci ed attrezzature da lavoro. La Service differiva dalla Break per l'assenza delle portiere posteriori e poteva essere ordinata con cassone posteriore finestrato o lamierato.

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    Ma in quell'inizio di autunno del 1969 vi furono altre novità per la gamma Ami 8, la più importante delle quali fu l'arrivo dei freni anteriori a disco. In occasione di tale aggiornamento fu rivisto interamente l'impianto frenante, che ricevette un nuovo liquido freni e nuovi cilindretti posteriori per i tamburi.
    Nei due anni seguenti non vi furono che aggiornamenti di dettaglio, principalmente nel sistema di lubrificazione del motore, che ricevette migliorie nel novembre del 1970. Alla fine dello stesso anno, l’Ami 8 raggiunse i 111.627 esemplari prodotti, cifra che costituirà l'apice della produzione dell’Ami 8. Si arrivò così al settembre del 1971, quando la Ami 8 vide l'arrivo di ammortizzatori idraulici telescopici anche al retrotreno.
    Nel 1972 la calandra ricevette un nuovo logo dorato, fino a quel momento assente, mentre nel gennaio del 1973 vi fu l'arrivo di un nuovo volante monorazza rivestito in schiuma di poliuretano.
    Il logo dorato apparve anche sullo sportello posteriore del cofano.

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    Ma la novità maggiore d'inizio 1973 fu l'ampliamento della gamma con la nuova Ami Super: forte del buon successo ottenuto dal modello (anche in Italia), ma anche consapevoli della modesta potenza del motore bicilindrico, la casa francese decise di introdurre questa versione di punta equipaggiata con il motore della Citroën GS, della cilindrata di 1015 cm3 ed in grado di erogare fino a 53.5 CV DIN. Disponibile nelle versioni berlina, Break e Service (una Break 3 porte), la Super adottava un telaio rinforzato, sospensioni più rigide, una barra stabilizzatrice anche sull'assale posteriore, oltre ad un allestimento più completo (fari allo iodio, finiture più curate, calandra con listello cromato) e cruscotto specifico.

    Citroen Ami 8 Super
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    Citroen Ami 8 Super Break
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    Citroen Ami 8 Super Service
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    Tra la fine del 1973 e l'inizio del 1974, anche le Ami 8 con motore bicilindrico adottarono il cruscotto della Ami Super e sparì l'allestimento Club lasciando in listino solo il Confort. Un anno dopo, gli indicatori di direzione divennero bianchi anziché arancioni.

    Citroen Ami 8 Super 1974
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    Nell'ottobre del 1975 la Ami 8 Service rimase in listino solo in versione con cassone lamierato e nel marzo dell'anno seguente la Ami Super fu tolta di produzione: nonostante le buone prestazioni (140 km/h contro i 115 delle Ami bicilindriche), la Ami Super non ottenne il successo sperato, forse a causa del prezzo alto, e venne quindi tolta di listino.
    Nel 1976 la Ami 8 Service fu ribattezzata Ami 8 Enterprise, mentre su tutta la gamma l'impianto frenante divenne a doppio circuito e sulle Break il divanetto posteriore divenne abbattibile. Nel mese di settembre dello stesso anno, la gamma passò ad un sistema di sospensioni ad assali indipendenti l'uno dall'altro e non più interattivi tra loro: in pratica vennero eliminati i molloni orizzontali di compensazione. Esternamente le Ami 8 prodotte da questo momento in poi erano distinguibili per la calandra nera invece che argentata. Cominciò da qui la fase calante della carriera della vettura.

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    Citroen Ami 8 1975
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    Citroen Ami 8 Break 1975
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    alla fine del 1977 furono solo 31.997 le Ami 8 vendute: la vettura aveva fatto il suo tempo ed era arrivato il momento di sostituirla: nel luglio del 1978 fu tolta di produzione e tre mesi dopo venne introdotta al suo posto la Citroën Visa. La Ami 8 Break le sopravvisse di un anno, fino al mese di settembre del 1979.
    In tutto sono state prodotte 800.775 Ami 8, di cui 44.820 Super.
  8. .
    La Citroen Ami 6 è una vettura nata per colmare il vuoto che si era creato tra la spartana Citroen 2cv e la più lussuosa Citroen DS. Il comico Michele Serra ha scritto che, all’epoca, “meno della 2CV, c’era solo il Velosolex” (un motorino a trazione anteriore diffusissimo in Francia), questa disparità, ben conosciuta presso la casa del doppio chevron era in via di risoluzione. Dopo il lancio della Citroen DS, avvenuto ad ottobre del 1955, il Centro Studi Citroen iniziò ad elaborare una nuova vettura di livello intermedio.
    La direzione della marca, capitanata all’epoca da Pierre Bercot, conosciuto da tutti come un filosofo più ragioniere, decise di partire da prima con una vettura molto semplice, costruita sulla base della 2cv, ma con motori più potenti, in seguito si orientò su un altro progetto, che prevedeva un nuovo pianale, sospensioni idropneumatiche, di derivazione Citroen DS per le versioni più lussuose o a molla per le versioni più semplici.

    Pierre Bercot davanti ad un modellino di Citroen DS
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    La Citroen Ami 6, fu disegnata da Flaminio Bertone, che è responsabile dello stile Citroen dal 1930, la vettura doveva avere 4 porte, un grande portabagagli con un telaio lungo al massimo quattro metri, senza far ricorso alla soluzione del portellone posteriore (Bercot lo detestava) e con spazio sufficiente per far viaggiare comodamente quattro o cinque persone, una bella sfida che lo stesso stilista Italiano riuscì a superare egregiamente.

    Flavio Bertone davanti al progetto Citroen DS
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    Disegni e bozzetti
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    Nel 1957 il progetto è definito nelle linee principali, con il famoso lunotto posteriore ad inclinazione invertita, soluzione geniale: lascia tutto lo spazio alla testa ed alle spalle dei passeggeri posteriori e permette la costruzione di un grande vano bagagli.
    Il nome della Citroen Ami 6 è, è un gioco di parole, iniziato con la DS (che in francese si legge DéeSse, dea) e per la ID (che in Francese si legge IDée, idea), anche l’Ami 6 non si discosta da questa tradizione e infatti in francese L’Ami 6 si legge la missis, la signorina. Il nome è creato unendo il codice di progetto AM che a sua volta è composto dall’A che identifica il telaio tipo 2CV e la M per Milieu ovvero vettura Media e la cifra 6 che identifica la cilindrata di 602cc.
    Nel 1959, grazie all’ottimo di lavoro di Bertone, ai tanti disegni da lui fatti, l’Ami 6 è pressoché definita in tutte le sue forme.
    L’unico problema è che le fabbriche Parigine sono al completo, dedicate alla costruzione della Citroen 2cv e delle ID e DS e coprono a fatica la domanda di questi due modelli.
    L’unica soluzione è la creazione di un nuovo impianto, così Bercot, con la collaborazione del governo francese guidato da Charles de Gaulle, decide di intraprendere la costruzione di un nuovo stabilimento in Bretagna, nel nord della Francia, in una zona economicamente svantaggiata, quella di Rennes.
    Nasce così, attorno all’AMI6, la grande fabbrica di Rennes la Janais e nasce a tempo di record: tra il 1958, anno in cui fu scelto il terreno ed il 1961, quando le AMI6 uscivano a pieno regime dalle catene di montaggio che erano state edificate su un’area dall’impressionante superficie di due milioni di metri quadri.

    Fabbrica di Rennes la Janais
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    L’Ami 6 fu presentata ai giornalisti, il lunedì 24 aprile del 1961, presso l’aeroporto militare di Villacoublay, in piena guerra di Algeria, con il rischio concreto di dover sgombrare le piste per permettere l’arrivo dei velivoli da carico diretti in Algeria.
    Mentre al pubblico fu presentata a ottobre del 1961 presso il salone dell’Automobile di Parigi.

    Presentazione Citroen Ami 6 al Salone di Parigi
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    L’Ami 6 ebbe un’ottima accoglienza, nata per essere una piccola DS, presto fu identificata come una super 2cv, anche se in realtà le parti in comune con la piccola di casa Citroen riguardavano il pianale, i freni, le sospensioni e il cambio a 4 marce con frizione monodisco a secco, ovviamente adattati alla nuova velocità, prossima ai 100 km/h. Sarà la 2cv che dalla Citroen Ami6 erediterà in seguito il motore.
    Certamente la carrozzeria non è bellissima, considerando che l’opera è dello stesso disegnatore della bellissima e filante DS, l’Ami 6 è sicuramente strana, molto irrazionale, ma in realtà le scelte sono state frutto di una necessità, quella di usare lamiere sottili per non appesantire la vettura. Le lamiere sottili vanno tenute in forma modellandole e incurvandole. Il cofano è incurvato perché se fosse piatto, si piegherebbe al centro. La forma del cofano inoltre è obbligata dal motore più alto del previsto che ha richiesto la creazione di una calandra verticale e non inclinata come la DS, è la prima auto ad adottare i fare rettangolari della cibie.

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    Dalla DS, inoltre l’AMI 6 eredita il volante monorazza (la leggenda narra che sia stato disegnato addirittura da Le Corbusier) le maniglie interne delle porte e lo stile di quelle esterne, oltre a varie soluzioni d’assemblaggio e parte della componentistica, l’interno poi è caratterizzato anche dalla leva del cambio ad ombrello, che migliora l’accessibilità anteriore, permettendo di avere un vero e proprio divanetto. Il cruscotto è a forma di mezzaluna e sotto di esso trovano posto l'indicatore del livello carburante ed il voltmetro della batteria.

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    La parte posteriore è caratterizzata dai piccoli fari di forma tonda e dal lunotto inclinato all'indietro, conseguentemente al rovesciamento dei montanti posteriori. Una caratteristica del lunotto invertito sta nel fatto che in caso di pioggia non si sporca, o comunque si sporca in misura limitata.
    Alcuni appunti derivano da soluzioni troppo spartane, coma i finestrini posteriori fissi o il divanetto anteriore anch'esso fisso. Il bagagliaio è stato reso capiente, oltre che dal particolare taglio dei montanti posteriori, anche dal posizionamento della ruota di scorta sotto il cofano motore.

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    L'aspetto negativo sta nella scarsa praticità della maniglia di apertura, situata nella parte posteriore dell'abitacolo.

    Citroen Ami 6 1961
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    Nel 1962 i finestrini posteriori diventano scorrevoli, il bagagliaio viene dotato di serratura e le lamiere sono più spesse. Contemporaneamente vi furono alcune migliorie meccaniche di dettaglio (filtro aria, carburatore, ecc).
    Nel settembre del 1962 l’Ami 6 subisce altre modifiche, il divanetto anteriore diventa regolabile longitudinalmente, mentre la gamma si sdoppia in due livelli di allestimento, denominati Tourisme (più spartano) e Confort (più completo).
    La Versione Confort era in pratica la stessa del debutto, mentre la Tourisme era una versione spogliata di inserti cromati, sprovvista di panchetta anteriore regolabile e senza copriruota e senza elemento tubolare sul paraurti anteriore. Essa incontrerà tuttavia uno scarso successo e il pubblico le preferirà sempre la versione Confort.

    Citroen Ami 6 Tourisme
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    Citroen Ami 6 Confort
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    La Ami 6, nel frattempo riscosse un buon successo presso il pubblico francese (molto meno presso quello italiano), ma i numeri di vendita sperati non vennero raggiunti: ciò perché, stando ai resoconti dei punti vendita, la gente sperava nell'arrivo di una versione giardinetta, versione che invece era da sempre disdegnata da parte di Pierre Bercot.
    Tale coscienza prese rapidamente piede anche presso il direttivo Citroen, il quale cominciò a premere su Bercot affinché acconsentisse alla realizzazione di una versione dotata di maggior spazio per il bagagliaio. Flaminio Bertoni, dal canto suo, cominciò a sorridere perché aveva già prospettato in passato la possibilità di una derivata del genere. Bercot accettò con stizza dichiarando « Se la volete fare, fatela senza di me. Io non sono un costruttore di mezzi commerciali »
    Lo sviluppo della Break, portò anche alla creazione di una versione detta Familiale, (con due strapuntini supplementari) e in una variante Commerciale (senza posti posteriori ma con un grande vano di carico per le merci).
    Nel 1963 l’Ami 6 viene aggiornata nuovamente, questa volta le modifiche sono dedicate al motore, (distribuzione, diametro valvole) ed al telaio, dove comparvero nuovi ammortizzatori idraulici telescopici in luogo dei precedenti ammortizzatori a frizione e dove, un mese dopo, il retrotreno venne leggermente modificato.
    Nel settembre 1963 il motore fu portato da 21.5 a 25.5 CV SAE di potenza massima, mentre divenne possibile ottenere a richiesta il cambio a frizione centrifuga. Inoltre, divenne possibile aprire il vano motore anche dall'abitacolo, mediante un tirante. Alla fine dello stesso anno comparvero le cinture di sicurezza nella lista optional, mentre fu modificato il pedale del freno.

    Ami 6 1963
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    Nell'agosto del 1964 vide finalmente la luce la Ami 6 Break, presentata poi al grande pubblico due mesi dopo al Salone di Parigi. Ma Flaminio Bertoni non riuscì a vedere la nascita della Break: era morto infatti già sei mesi prima, nel febbraio 1964, in seguito ad un ictus.
    La Break venne proposta in tre versioni: la Break normale a 4 posti, la Break a 5 posti e la Commerciale. Quest'ultima, privata delle porte e della panchetta posteriore, riusciva a raggiungere una capacità di carico pari ad 1.5 metri cubi, con una portata massima di 300 kg (passeggeri esclusi) grazie al rinforzo del retrotreno. Le Break per trasporto di persone, invece, si fermavano a 250 kg di portata massima.
    Il motore era il medesimo della berlina, ma le prestazioni subirono un calo, fermandosi a 110 km/h per la Break 4 posti e a 107 km/h per le altre due varianti.

    Citroen Ami 6 Break
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    Nel 1965 l’Ami 6 è l’auto più venduta in Francia, mentre nel 1966 l’impianto elettrico passa da 6 v a 12 v, il che portò anche all'arrivo di un nuovo motorino di avviamento. A settembre tale modifica venne estesa anche alla Break, mentre venne leggermente ridisegnata la calandra, ora a tre barre cromate orizzontali, e nell'abitacolo vi fu l'arrivo di una nuova plancia e tra gli optional comparve un impianto di riscaldamento.

    Citroen Ami 6 1966
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    Nel 1967 il motore bicilindrico fu portato a 27.5 cv, mentre sulla berlina comparvero nuovi fari posteriori con plastica in un sol pezzo, simili a quelli della 2CV, quindi più grandi e più visibili da lontano. Per quanto riguarda la berlina, fu possibile averla anche con tetto apribile, mentre la Break fu proposta anche con allestimento Club, più lussuoso e comprendente copricerchi specifici, paraurti con elementi tubolari di protezione e nuovi fari sdoppiati e tondi. Tali fari erano in realtà quelli destinati alle Ami 6 da commercializzare negli USA.

    Ami 6 per il mercato Americano
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    Dati i deludenti numeri di vendita ottenuti oltreoceano, si decise di smaltire le scorte di fari sdoppiati (imposti dal mercato statunitense) proponendoli in un allestimento speciale della Ami 6 europee. Internamente la Break Club aveva sedili anteriori singoli e regolabili anche in inclinazione e rivestimenti specifici.

    Citroen Ami 6 1967
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    Ami 6 Break Club
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    Nel gennaio 1968 anche le versioni Break poterono usufruire dei nuovi fari posteriori montati l'anno precedente sulla berlina. Due mesi dopo comparve la Break Service, ossia una nuova versione per trasporto merci, disponibile con finestrini posteriori oppure con lamiere. Tale versione venne perfezionata rispetto alla precedente Commerciale e poté ora vantare una portata massima di 350 kg.

    Citroen Ami 6 Service
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    Nel mese di maggio dello stesso anno, l'intera gamma vide una sostanziosa cura vitaminica per il motore, passato da 27,5 a 35 CV SAE, permettendo così prestazioni più brillanti.
    Verso la fine del 1968, a ottobre, venne introdotta la Ami 6 Club berlina, che beneficiò di tutte le migliorie fino a quel momento riservate solo alla Break Club, compresi i fari circolari sdoppiati, compreso l'allestimento interno particolarmente completo per l'epoca e per il genere di vettura. Apparve anche un pacchetto supplementare denominato Targa e comprendente sedili in skai e pannelli porta coordinati con i sedili.

    Citroen Ami 6 Club berlina
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    Furono gli ultimi aggiornamenti apportati alla gamma Ami 6: essa sarà tolta di produzione nel marzo del 1969, per lasciare il posto alla sua erede, l’Ami 8. In tutto sono stati costruiti 1.039.384 esemplari di Ami 6, di cui 555.398 in versione Break. Nella storia dell'automobile si trattò del primo caso in cui una giardinetta superò la corrispondente versione berlina come numeri di vendita. Trent'anni dopo, molti modelli di costruttori generalisti avrebbero rappresentato la regola da quel punto di vista.

    Edited by xericos - 16/12/2015, 16:43
  9. .
    Con l’apertura del Comicon del 2014 a San Diego, la Hot Wheels ha presentato quello che può essere ritenuta l’auto più strana di tutti i tempi l’auto di Darth Vader, soprannominata Darth car.
    La vettura prende vita dalle macchinine giocattolo della serie dedicata a Guerre Stellari

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    In questa scala 1 a 1 la vettura utilizza come base una Chevrolet Corvette C5, il corpo opportunatamente realizzato in fibra di vetro e carbonio, per contenere il peso, riesce ad arrivare a pesare circa 50 kg in meno della donatrice. La vettura oltre alla parte estetica completamente rivista è stata anche abbassata.
    La vettura è stata provata fino ad una velocità di 80 (128 km/h) miglia orarie, ma Billy Hammon, il Ceo di PCW Brand, dichiara una velocità massima di 150 (250km/h) miglia orarie.
    Il motore utilizzato è quello della serie successiva della Corvette C6, un GM LS3 V8 da 256 cv, abbinato ad un cambio manuale a 6 marce.
    Le gomme speciali sono state create dalla Wheelmaker U.S. Mags custom-milled, conrtibuendo alle ottime performance della vettura.
    La targhetta sul cofano, recante il marchio Hot-Wheels, è modellata partendo dalla forma della placca sul petto della tuta di Darth vader. Per la precisione ci si è ispirati alla veste utilizzate in L’impero colpisce ancora.
    I missili, ovviamente finti, sono in acciaio inossidabile, mentre i tubi di scarico, posti lateralmente ripendono il colore rosso della spada di Vader.
    All’età di 10 anni Bryan Benedict, designer della Hot-Wheels, non poteva permettersi i giocattoli della casa, ma da grande è riuscito a diventare disegnatore della Gm e della Hot-Wheels, ottenendo il suo più grande sogno creare una vettura Hot-Wheel in scala reale. Il disegnatore ha lavorato anche con Honda e altre case minori, facendosi notare e diventando un punto di riferimento della Hot-Wheels.
    I lavori della vettura hanno avuto inizio nel mese di aprile del 2014 e sono stati impiegati solo due mesi per ottenere la vettura definitiva.
    La cosa più interessante, come se la vettura non lo fosse, è l’effetto scenico che si ha ad ogni apertura delle porte, mediante un distributore di fumo, si crea l’effetto drammatico dell’arrivo di Darth Vader.

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  10. .
    La Piccola Mehari è stata anche venduta in America tra il 1970 ed il 1971, per soddisfare le normative locali, la Méhari prevista per gli USA venne dotata di fari anteriori maggiorati, che comporta una rivisitazione generale della parte anteriore, luci di retromarcia e luci di emergenza. Le Mehari vendute oltreoceano furono un migliaio circa.

    Mehari Americana
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    Dopo lo stop alla commercializzazione negli States, la Méhari fu proposta anche in Sudamerica: le Méhari previste per tali mercati non vennero prodotte con carrozzeria esclusivamente in plastica, ma in plastica con rinforzi in vetroresina. In realtà la Méhari prevista per il Sudamerica non venne sempre denominata Méhari. La sua carriera cominciò nel 1971 con la denominazione di AZAM M28 Sport Convertibile: la vettura era pressoché identica a quella europea.

    Azam M28
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    1980 la vettura prese le denominazioni di Mehari II o Ranger, a seconda dei mercati finali di destinazione.
    Dal 1981 in poi la produzione venne affidata alla Nicrodur, una società argentina, che la produsse fino al 1987.

    Mehari Ranger
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  11. .
    La Citroen Mehari è una piccola vettura, di derivazione Citroen Diane, prodotta dalla casa Francese dal 1968 al 1987, rimanendo in sostanza invariata in tutti questi anni.
    La piccola vettura in materiale plastico fa parte delle cosiddette spiaggine, quelle vetture, costruite in piccola serie da carrozzieri indipendenti, prive di tetto, di solito abbinate a sedili in vimini, e molto minimaliste.
    Con l’arrivo della Mini Moke nel 1964, prodotta in serie dalla casa Britannica, in Francia Roland de la Poype, di nobili origini, un eroe di guerra ex pilota militare di caccia nella seconda guerra mondiale è un appassionato di tecnologia e pioniere nel settore delle materie plastiche. Ma è anche un industriale e proprietario della SEAB (Société d’Exploitation et d’Application des Brevets, ossia Società di sperimentazione ed applicazione dei brevetti. Cercherà di bissare i successi della Mini Moke.
    La sua idea, tanto semplice ma geniale, è quella di creare una struttura in materiali plastiche da appoggiare ad una carrozzeria esistente, in questa maniera si ottiene un ottimo compromesso tra leggerezza e durata, la plastica non fa ruggine e resistenza ai piccoli urti.
    L’idea venne presentata a Pierre Bercot, all'epoca presidente della Citroen, il quale accettò, nel 1967, la sfida di creare una vettura di tipo spiaggina.
    Si utilizza una versione furgonata della 2cv, cui sono tolti tutti i pannelli di copertura e che sarà la base dei vari prototipi, inizialmente fatti in cartone e poi in materiali plastici.
    I primissimi prototipi avevano la carrozzeria fatta con pannelli in ABS lisci. In un secondo momento, però, si decise di utilizzare pannelli zigrinati a nervature fitte orizzontali, in modo da rendere più rigido il corpo vettura.
    In poco tempo insieme al progettista Jean L. Barrult e Jean Darpin nasce la carrozzeria della Méhari. Era l’autunno del 1967, quando il primo prototipo con motore 425 cc da 18CV della furgonetta 2CV (da cui deriva) è presentato ai tecnici della Citroën nei locali della S.E.A.B., prima di essere spedito a Quai de Javel per essere presentato e poi approvato da Pierre Bercot alla Direction Générale della Citroen.
    La vettura fu presentata con il nome di Citroen Mehari, una razza di dromedari, allevato dal popolo Tuareg, noto per la sua velocità e resistenza.

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    Basata alla fine su un pianale di origine Dyane, accorciato di 22 cm, che di fatto ne riduceva l’abilità, la Citroen Mehari conservava l'intero comparto meccanico, a partire dal motore bicilindrico da 602 cc con raffreddamento ad aria ed in grado di erogare una potenza massima di 29.6 CV DIN (pari a 32.8 CV SAE). Anche le sospensioni e l'impianto frenante, così come sterzo e cambio fu derivato direttamente dalla popolare vettura.
    Con un peso a vuoti di soli 525 kg, la Méhari riusciva a compensare almeno in parte la modesta potenza del suo propulsore. Le performance infatti, non superavano i 100 km/h. Ma la Mehari non era nata per essere di certo una vettura sportiva.
    Sul telaio fu applicata la carrozzeria, a vasca, la cui lavorazione costituì la vera specialità della SEAB: tale soluzione, come già anticipato, permetteva di evitare la formazione di ruggine e garantiva un risparmio considerevole di peso. Inoltre, essendo la plastica utilizzata colorata, non si correva neppure il rischio che si potesse scrostare la vernice. Le zigrinature longitudinali della carrozzeria garantivano migliori doti di rigidità.
    La vettura riuscì a essere ancora più spartana della Citroen 2cv, le portiere erano amovibili in tela, la copertura era costruita da un’ossatura in tubi a cui veniva, tramite bottoni a pressione, fisato il telo in pvc, di certo non era molto comoda trasformarla in vettura aperta, anche perché la struttura doveva rimanere in garage. I sedili posteriori erano amovibili, permettendo di creare un vano di carico ampio, circa 1.2 metri quadri e con una portata di 400 kg.

    Prototipi del 1967
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    Seconda versione del prototipo ufficiale 1967
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    Prototipo ufficiale utilizzato per le immagini commerciali
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    I primi esemplari di preserie differivano, rispetto a quello poi prodotti per alcuni particolari, come ad esempio le ruote con coprimozzi, gli indicatori di direzione anteriori sotto i proiettori, i fanalini posteriori in stile 2CV, la ruota di scorta sistemata a sinistra.

    Citroen Mehari al Salone di Parigi del 1968
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    Citroen Mehari 1968
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    All'impianto SEAB venne in seguito affidato il compito di assemblare i primi 2.500 esemplari definitivi.
    Dalla fine del 1969 vi furono lievi aggiornamenti al frontale, consistenti nel ridisegnamento e riposizionamento di alcune luci di servizio, come gli indicatori di direzione frontali.

    Citroen Mehari del 1969
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    L'anno seguente, le portiere divennero parzialmente in plastica, mentre apparve una nuova versione a soli due posti ed omologata come autocarro, in modo da risparmiare dal punto di vista fiscale. Contemporaneamente apparvero un nuovo specchietto retrovisore esterno rotondo ed un rudimentale antifurto.

    Citroen Mehari 1970
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    Nel 1972 la gamma si allargò con l'arrivo di una versione denominata Mehari Type Armée e caratterizzata dalla presenza di due batterie.
    Nel 1975 venne montato un nuovo cruscotto con voltmetro, mentre due anni dopo l'impianto frenante divenne a doppio circuito frenante e lo sterzo venne maggiormente demoltiplicato.

    Citroen Mehari 1975
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    Nel 1978 la Méhari ricevette una nuova calandra smontabile, mentre gli indicatori di direzione migrarono nuovamente sotto i fari come negli esemplari di pre-serie. Inoltre l'impianto frenante ricevette freni anteriori a disco.

    Citroen Mehari 1978
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    Nel maggio del 1979 vi fu l'arrivo della Mehari 4x4, versione dalle maggiori velleità fuoristradistiche in quanto provvista di trazione integrale. Rispetto alla versione a trazione anteriore, la Méhari 4x4 montava numerose modifiche tecniche, tra cui un nuovo ponte posteriore con un nuovo differenziale bloccabile. Anche il cambio era differente, avendo sette marce, di cui tre ridotte, mentre l'impianto frenante era invece a quattro dischi. Grazie alla trazione integrale ed al cambio con ridotte, la Méhari 4x4 era in grado di affrontare anche pendenze del 60%. In questa configurazione, il peso a vuoto della Méhari arrivava a 555 kg. La Méhari 4x4 fu addirittura utilizzata come mezzo di pronto soccorso durante i rally in Africa. Dato l'esiguo numero di esemplari prodotti, oggi la Méhari 4x4 è molto rara e molto ambita quindi dagli appassionati. Anche i pezzi di ricambio specifici sono quasi introvabili.

    Citroen Mehari 4x4
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    Contemporaneamente al lancio della 4x4 tutta la gamma beneficiò dell'arrivo del cruscotto della Citroën LNA.
    Nel 1982 la 4x4 venne aggiornata nelle sospensioni, ora più basse da terra, e nella carrozzeria, ora con passaruota allargati. Il vano della ruota di scorta passò sopra il cofano anteriore.

    Citroen Mehari 1982
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    Nel 1983 la 4x4 venne tolta dal listino, mentre apparve la serie limitata Azur: dato il successo di quest'ultima versione, essa venne integrata nella gamma Méhari.
    L'ultima Méhari uscita dalle linee di montaggio è datata 30 giugno 1987.
    Tra i vari impieghi che hanno visto protagonista la Méhari vi furono quelli militari, specialmente da parte dell'esercito francese: questi ultimi utilizzarono vetture modificate nell'impianto elettrico, e che utilizzavano due batterie da 12 V poste in serie.
    L'esercito francese ha scelto la Méhari Armée dopo una ricerca di mercato da cui è emerso un orientamento per un mezzo leggero, economico, che massimizzasse il costo-efficacia, e siccome esso era destinato alle retrovie, venne considerato inutile armarla con qualche tipo di dispositivo bellico. Essa aveva la capacità di carico di 405kg, svolgendo il compito di mezzo da comando, comunicazioni e trasporto leggero.

    Citroen Mehari Armée
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    Pur non essendo a trazione integrale si è rivelata abbastanza leggera da essere utilizzabile con una certa disinvoltura anche fuoristrada. Le sospensioni sono costituite da bracci a interazione laterale su molle spirali. In totale furono 11.500 le Méhari ordinate per l'Esercito e le forze di Polizia francesi.

    Azur: prevista inizialmente in una tiratura limitata a 700 esemplari, la Mehari Azur venne poi integrata nella gamma "normale" dato il gran successo ottenuto. La Azur si distingueva dalle altre Méhari per la carrozzeria di color bianco con portiere, calandra e capote di color azzurro. I sedili erano rivestiti in tessuto a righe bianche e azzurre.

    Citroen Mehari Azur
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    Plage: contemporaneamente alla Azur venne introdotta anche la serie Plage, riservata ai mercati della penisola iberica. La vettura, prodotta a Mangualde, in Portogallo (dove nel frattempo era stato attivato un nuovo nodo produttivo per la Méhari), era caratterizzata dalla carrozzeria di color giallo con cerchi bianchi;

    Citroen Mehari Plage
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    Grazie Lemos forse l'hai vista importata dal Mexico come Chevrolet, inftti dovrò fare una schede delle Opel rimarchiate, è in direttura di arrivo. Restate sintonizzati
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    Be se qualcuno mi vuole aiutare ben venga.
    Ciao
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    Ciao G.161, vedo solo ora il tuo messaggio, be anche sei in ritardo assurdo ben venuto
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    Direi che si può riportare in auge questo topic, ora abbiamo visto la nuova Fiat 124 spider, una mazda molto più carina e la nuova Alfa Romeo Giulia, due bellissime vetture, senza dimenticare le 8c.
    Direi che i progetti stanno andando bene, peccato che stiano facendo morire la Lancia
1684 replies since 31/7/2012
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