I ruggenti anni 70/80

Posts written by xericos

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    La Iso Rivolta fu una piccola sportiva prodotta dal 1962 al 1970 in soli 800 esemplari. Inizialmente denominata Gt300, successivamente venne corredata da un motore 340, prendendo così il nome di IR340. La vettura era disponibile in un’unica carrozzeria, coupè due porte.
    Concepita inizialmente come GT, non venne però omologata, nelle competizione come Gran Turismo ma semplicemente Turismo.
    Destinata a competere con la Fiat 2300 Coupè, ma i bassi volumi di vendita, resero prudente la casa automobilistica a spostare la vettura, ed il suo prezzo, in una fascia di mercato più alta.
    Venne presentata la prima volta al Salone di Torino del 1962, dove ottenne buoni consensi di pubblico.
    Purtroppo però l’obbiettivo di una vettura di lusso, potente e di qualità si scontrarono con i grossi costi di produzione del modello. Infatti furono necessari costosi macchinari per la costruzione della Iso Gt300, che però non giustificarono l’investimento visto i bassi numeri di vendita, addirittura gli impianto vennero inviati presso altre aziende, che avevano contratti di collaborazione con la Iso Rivolta, dove potevano essere utilizzati per produrre lamierati.

    Spaccato Iso Rivolta Gt300
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    La vettura venne progettata da Giotto Bizzarrini e disegnata dalla carrozzeria Bertone (più precisamente da Giorgetto Giugiaro), ha uno stile elegante e un comportamento su strada impeccabile: merito dell’equa distribuzione dei pesi tra l’asse anteriore e quello posteriore.
    Silenziosa e stabile anche alle alte velocità, ha un abitacolo spazioso per quattro passeggeri, grazie anche alla lunghezza pari a 4.76 metri. Le finiture, non sono sempre all’altezza della vettura, anche se molto ricche, con sedili rivestiti in pelle e cruscotto in legno, vetri elettrici, due soli gli optional disponibili, l’aria condizionata e la vernice metallizzata. Il cambio, un quattro marce sincronizzato più retromarcia a siringa, di origine Chevrolet Corvette Sting Ray, è perfettibile, ogni tanto tende ad impuntarsi.
    Eccezionali invece i motori montati:
    Il motore 300 che equipaggiava la GT, era una unità di derivazione Chevrolet Corvette un V8 da 5500 cc e 300 cv con una velocità massima di 218 km/h e una accellerazione 0-100 in 8,4 secondi.

    Iso Rivolta GT300
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    Il motore della IR340 era sempre un motore Chevrolet Corvette V8 da 5500 cc, ma questa volta i cavalli erano 340, permettendole di raggiungere la velocità massima di 228 km/h e di farle fare lo 0-100 in 7,9 secondi
    Classica la disposizone con motore anteriore e trazione posteriore.
    Le sospensioni anteriori della Iso Rivolta 300 e IR340 erano formate da doppi bracci di lunghezza diseguale con una barra antirollio. Quelle posteriori erano invece costituite da doppi bracci oscillanti e da un ponte De Dion con parallelogramma di Watt. Erano montati, sulle quattro ruote, delle molle elicoidali e degli ammortizzatori telescopici idraulici. Lo sterzo a circolazione di sfere necessitava di cinque giri per effettuare una sterzata completa: il diametro di svolta era insolitamente elevato e misurava 12,5 metri circa. Con un angolo di incidenza di 7°30', la stabilità su rettilineo era eccellente anche a 200 km/h.
    Venne venduta, nelle due varianti, in soli 800 esemplari, non riuscendo ad ottenere grandi riscontri.

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  2. .
    In questa scheda parliamo di una vettura fuori epoca, ma che mi è sempre piaciuta, la Iso Isetta, una vettura che ha anche aiutato un colosso, come la BMW, a non chiudere i battenti.
    Siamo nel 1939, quando un imprenditore, Enzo Rivolta, fonda la Iso, una ditta specializzata nella costruzione di impianti di refrigerazione per uso industriale o privato, presso Bolzaneto in provincia di Genova. Nel 1943, la ditta viene spostata a Bresso, in provincia di Milano, presso una capannone della Isotta Fraschini, dove alla attività precedente viene affiancata quella della costruzione di elettrodomestici.
    Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, Enzo Rivolta, si rende conto che una delle maggiori esigenze e priorità della popolazione italiana era quella di potersi spostare tramite un mezzo di locomozione che fosse economico, molto più di un'automobile a buon mercato come la Fiat Topolino di quegli anni. Decise quindi di convertire la produzione di elettrodomestici a quella di motociclette.
    Visto il grande successo delle sue motociclette, alla buona fama, Enzo Rivolta decide di fare il grande passo e passare alla costruzione di automobili. La ragione sociale della ditta fu perciò mutata in Iso Autoveicoli SpA.
    L’idea, la grande idea, fu quella di costruire una vettura che potesse essere economica e semplice come una motocicletta, ma con una carrozzeria chiusa come un’automobile. All'epoca l’auto più economica, in Italia, era la piccola Topolino o Fiat 500 C, che comunque rimaneva non alla portata di tutti gli Italiani.
    L’idea di Enzo Rivola, era quella di creare una automobile che avesse un abitacolo comodo, privilegiando prima di tutto il comfort di marcia dei passeggeri.
    Il progetto venne dato a due tecnici, con alle spalle un significativo passato nel campo aeronautico, Ermenegildo Preti e Pierluigi Raggi. L'ing. Preti aveva in mente un progetto simile già durante i bui anni della guerra, poiché prevedeva per l'avvenire l'enorme carenza di risorse che poi di fatto si verificò. Già durante gli anni del conflitto cominciò a prendere forma nella sua mente l'idea di una microvettura e arrivò a parlarne anche con sua moglie Piarosa. Perciò, al momento di dover realizzare per Renzo Rivolta una piccola vetturetta, l'ing. Preti aveva già le idee piuttosto chiare e, dopo aver delineato le linee generali del progetto, affidò il disegno della carrozzeria e del telaio all'ing. Raggi.

    Iso Isetta con Renzo Rivola e Ermengildo Preti
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    Il primo prototipo fu realizzato nell'estate del 1952 e già prefigurava molte delle soluzioni tecnico-stilistiche presenti sulla vettura definitiva, come il corpo vettura "a uovo", la meccanica di derivazione motociclistica, e la presenza di un unico portellone frontale, che costituiva praticamente l'intero muso della vetturetta. Quest'ultimo riprendeva una soluzione particolare proposta dall'ing. Preti nella sua tesi di laurea, quando propose l'AL12, un aeroplano con la parte anteriore, quella destinata alla cabina di pilotaggio, incernierata su un lato e completamente apribile. Pressoché definitiva era anche l'architettura della vettura, con scocca in lamiera d'acciaio dotata di un'ampia vetratura fissata a un telaio di tubi d'acciaio. Tale prototipo era inoltre provvisto di tre sole ruote: due davanti ed una dietro, soluzione presto abbandonata quando ci si accorse, durante le prove su strada, della pericolosità di tale soluzione in caso di foratura. Si scelse perciò una soluzione intermedia, ossia quattro ruote, delle quali le due posteriori erano molto ravvicinate tra loro per evitare la necessità di installare un differenziale, che avrebbe comportato un aumento dei pesi, della complessità meccanica e dei costi.
    Dopo la prova del primo prototipo, si procedette all'affinamento della carrozzeria, mediante l'integrazione del normale profilo a uovo con due elementi longitudinali, uno per lato, aventi funzione di parafango, che integravano l'intera parte bassa delle fiancate fino ad arrivare alla coda. Tali parafanghi avevano la funzione di snellire la fiancata e renderla di aspetto meno goffo.
    Quanto al motore, esso era inizialmente un monocilindrico a due tempi derivato da quello del motociclo Iso 200, derivato in parte da un motore ausiliario utilizzato per l'avviamento di motori d'aereo della Isotta Fraschini, dalla cilindrata di 198 cm³ e in grado di erogare circa 8 cavalli. L'adattamento di tale motore alla nuova microvettura fu curato dall'ingegner Genoni, altro validissimo collaboratore di Ermenegildo Preti
    Il modello definitivo venne presentato, alla stampa, nel mese di aprile del 1953, mentre la presentazione al pubblico, avvenne il 22 aprile dello stesso anno al Salone dell’Automobile di Torino. Le modifiche rispetto al prototipo erano minimi, Tra i più significativi, vi erano l'accensione a spinterogeno e il piantone dello sterzo solidale con la portiera anteriore per facilitare l'ingresso e l'uscita degli occupanti. La reazione del pubblico, a questa vettura dalla forma simile a una cabina di elicottero o di aliante, fu di grande stupore. Pur rimanendo nell'ambito delle microvetture, e condividendone la naturale semplicità, la Isetta sembrava quasi futuristica e distava anni luce dalle microvetture dell'epoca, troppo fumettistiche al confronto. Rispetto alle principali concorrenti, l'Isetta vantava anche prestazioni di tutto rispetto, riuscendo ad arrivare sugli 85 km/h. L'Isetta aveva problemi solo in salita.
    La vettura era da considerarsi all’avanguardia per l’epoca, soprattutto, per la razionale e intelligente scelta nella disposizione di tutto ciò che serviva a rendere questo piccolo mezzo di trasporto una vera e propria automobile a tutti gli effetti, vivibile e maneggevole. In molti l'hanno in seguito definita geniale.
    Per accedere al piccolo abitacolo, bastava aprire l’unica grande porta anteriore, su cui era incernierato il volante, il piantone si inclinava in avanti per lasciare ancor più spazio e agevolare ulteriormente l'ingresso.

    Apertura porta
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    Quest'ultima idea, assai originale, fu suggerita a Pierluigi Raggi dall'ing. Preti nelle ultime fasi del progetto, quando la vettura era quasi allo stadio definitivo. I posti a sedere erano costituiti da una semplice panchetta che offriva spazio solo a due persone. Dietro tale panchetta vi era uno spazio occupato per metà dal piccolo monocilindrico a due tempi e per metà da un piccolo vano bagagli.
    Molto luminosa risultava la vettura, grazie praticamente ad una ampia superficie vetrata, idea suggerita dall’italiano Giovanni Michelotti, a cui la Iso si affidò per ottimizzarne il disegno rispetto alle vetrature del primo prototipo. Il tetto era in tela, srotolabile, in maniera da trasformare l'Isetta in una vetturetta aperta.

    Iso Isetta
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    Non era presente nessun tipo di riscaldamento per la Iso Isetta, mentre nel modello, costruito su licenza dalla BMW, venne inserito, inoltre i vetri laterali della vettura Tedesca erano apribili.
    L'Isetta proponeva soluzioni semplici e inconsuete, come per esempio il piccolo motore a due tempi mutuato dalla Iso 200, una delle motociclette di maggior successo per la Iso, subito prima dell'arrivo dell'Isetta. Tale motore aveva inizialmente una cilindrata di 198 cm³ ed erogava circa 9 cavalli. Questa piccola unità motrice fu utilizzata solo fino a poco prima della presentazione al pubblico, in vista della quale il piccolo monocilindrico fu rialesato e portato a 236 cm³, con potenza massima di 9,5 cavalli a 4.750 giri/min. Questo motore aveva una particolare struttura sdoppiata, come se avesse due pistoni all'interno di un unico cilindro, mossi da due bielle, una principale e una secondaria, ma con accensione affidata a una sola candela. La lubrificazione era separata ed era affidata a una pompa meccanica, mentre il raffreddamento era ad aria. L'alimentazione era affidata a un carburatore Dell'Orto. La trasmissione prevedeva una frizione a dischi multipli in bagno d'olio e un cambio a 4 marce privo di retromarcia. La trazione era posteriore, senza alcun differenziale, reso superfluo dalla ridottissima carreggiata posteriore.
    Il telaio dell'Isetta era tubolare e comprendeva sospensioni anteriori a ruote indipendenti con tamponi in gomma ed ammortizzatori a frizione. Il retrotreno comprendeva invece molle a balestra ed ammortizzatori idraulici. L'impianto frenante era idraulico ed agiva sulle ruote anteriori e sulla ruota posteriore destra. Su entrambe le ruote posteriori agiva invece il freno a mano.

    Telaio
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    Nell’autunno del 1953 la piccola Iso Isetta venne commercializzata, purtroppo non ebbe il successo sperato, forse il prezzo non troppo lontano dalla Topolino. Allo scopo di dimostrare le doti dinamiche dell'Isetta, la vettura fu fatta partecipare ad alcune edizioni della Mille Miglia, dove ottenne anche alcuni risultati di rilievo.
    Iso Isetta alla Mille Miglia
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    Ma nonostante ciò l'Isetta continuò a stentare: oltre a poco più di un migliaio di vetturette in configurazione base, furono realizzate un certo numero di versioni commerciali, con carrozzeria furgonata o pick-up. Neppure i lusinghieri risultati sportivi dell'Isetta alla Mille Miglia del 1954, dovuti anche alla sua esemplare tenuta di strada, ne sollevarono le sorti sul mercato italiano. Ma Renzo Rivolta si era già messo alla ricerca di un acquirente del progetto e da un paio di mesi aveva già stretto rapporti con un nome prestigioso.
    Dopo circa un anno dal debutto, Rivolta riuscì infatti a stringere contatti con la BMW, che in quegli anni stava attraversando una profonda crisi dovuta ai postumi della guerra e all'insuccesso di praticamente tutti i modelli proposti, ed era perciò interessata alla produzione su licenza di una vettura come l'Isetta. Per Rivolta, poter vantare la BMW come licenziataria del suo progetto Isetta lo riempì di ottimismo, complice anche il prestigio del marchio bavarese. L'operazione di vendita alla BMW fu perfezionata alla fine del 1954, e i progetti ed il materiale furono trasferiti a Monaco di Baviera.
    Nel 1954, al Salone di Ginevra, la Iso di Renzo Rivolta espose la propria Isetta, mentre la BMW espose un modello completamente diverso, la 502 V8.

    BMW 502 V8
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    I due modelli avevano un solo punto in comune: lo scarso successo. Già da tempo al quartier generale di Monaco stavano pensando di integrare il proprio listino con una piccolissima vetturetta da città, possibilmente su licenza per evitare i costi di progetto e che fosse commercializzabile quindi ad un prezzo molto basso. A Ginevra, la Isetta fu notata da C.A. Drenowatz, importatore BMW in Svizzera, che ne parlò ai vertici BMW in Baviera. Fu così che Eberhard Wolff, responsabile del reparto collaudi, il mese dopo fu inviato al Salone di Torino, sapendo che si doveva agire in fretta per evitare ulteriori "buchi" economici alla Casa bavarese. Qui vennero stretti i primi accordi con Renzo Rivolta, ed i negoziati vennero ultimati poco tempo dopo a Milano, dove Kurt Donath e Fritz Fiedler, rispettivamente direttore tecnico e responsabile sviluppi BMW, vennero inviati per perfezionare l'affare. In base all'accordo stipulato, BMW aveva il diritto di rilevare sia i progetti che le attrezzature per produrre la scocca, mentre non appariva interessato al monocilindrico sdoppiato da 9,5 CV, ritenuto poco potente. Nell'autunno del 1954, la BMW annunciò ufficialmente che la nuova vetturetta sarebbe stata lanciata entro breve.
    La presentazione alla stampa della nuova Isetta marchiata BMW avvenne il 5 marzo 1955, ma non ufficialmente con il nome Isetta: la denominazione ufficiale della nuova vetturetta BMW fu infatti BMW 250, mentre il nome Isetta continuò ad essere utilizzato molto frequentemente anche in Germania, ma solo come soprannome.

    BMW 250
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    Le differenze della BMW Isetta erano minimi, i fari erano spostati sopra il parafango, nuovo disegno della griglia del motore, e come già accennato, la vettura Tedesca adottava il riscaldamento. Meccanicamente la modifica più grande era nel nuovo motore, un quattro tempi di 245 cc, che derivava dalla moto R25/3, con 12 cv e un albero a gomiti con supporti rinforzati. Differente anche la frizione, stavolta del tipo monodisco a secco. Le prestazioni velocistiche rimasero comunque le stesse della Isetta italiana.
    Per quanto riguardava il telaio, la differenza più notevole stava nell'avantreno, non più con tamponi in gomma, ma con delle vere e proprie molle elicoidali in acciaio, mentre per quanto riguardava l'impianto frenante di servizio, vennero mantenuti i due tamburi anteriori così come quello posteriore, ma quest'ultimo venne spostato sulla ruota sinistra, mentre su quella destra agiva il freno a mano.
    La BMW venne presentata il 5 marzo del 1955 alla stampa specializzata, che rimasero notevolmente colpiti dalle doti dinamiche della piccola Isetta di origine Tedesca. In Germania fu un buon successo, tanto che sembri addirittura che la BMW, arrivata alla fabbricazione dell’esemplare numero 50.000, inviò una lettera di ringraziamento alla Iso, per averla salvata da una situazione economica disastrosa.
    Il successo della BMW 250 fu ancora più eclatante se si considera il gran numero di concorrenti presenti nella Germania degli anni cinquanta. La 250 giunse sul mercato in un periodo in cui già erano presenti modelli come la Messerschmitt Kabinenroller ed i modelli Fuldamobil.
    Nei primi mesi del 1956 la gamma venne ampliata con l'arrivo della BMW 300, che si affiancò semplicemente alla 250, proponendosi con un motore monocilindrico da 297 cm³, della potenza di 13 CV a 5200 giri/min. Nell'ottobre dello stesso anno, mentre in Italia la Iso Isetta venne tolta di produzione, la BMW Isetta usufruì di un significativo aggiornamento alla gamma: apparvero infatti le versioni Export, destinate ai mercati esteri, ma presenti anche nel listino tedesco.

    BMW 300
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    Tali versioni si distinguevano da quelle Standard innanzitutto per il nuovo tetto e la nuova vetratura, che nel complesso apparivano più simili a quelli di una normale automobile, pur conservando una notevole visibilità. I finestrini della Export divennero del tipo scorrevole, mentre quelli della versione Standard avevano la sola apertura nei due deflettori laterali. Altre differenze esterne stavano nella presenza di guide cromate per lo scorrimento dell'acqua piovana ed inoltre nella presenza di un paraurti che abbracciava l'intera zona frontale in tutta la sua larghezza. Meccanicamente le versioni Export erano caratterizzate da una significativa rivisitazione al comparto sospensioni: l'avantreno beneficiò dell'arrivo di un forcellone più lungo, di molle più grandi e di nuovi ammortizzatori telescopici in luogo di quelli a frizione. Il retrotreno divenne invece più morbido per favorire il comfort interno. Le versioni Export potevano essere scelte con motore da 247 o da 297 cm³, così come la versioni Standard. In ogni caso, la velocità massima di ogni modello rimaneva invariata ad 85 km/h.
    Nel 1957, però, le versioni Standard vennero tolte di produzione, lasciando in listino solo la versione Export, comunque disponibile in entrambe le motorizzazioni. Il consenso presso il pubblico, però, continuò a rimanere alto, almeno per un altro anno ancora. Assieme alla Goggomobil, le Isetta tedesche continuarono ad imporsi come le microvetture di maggior successo nel mercato teutonico. Ma con l'avvento del boom economico e delle condizioni di maggior agiatezza generale, l'interesse del pubblico cominciò a spostarsi sempre più verso le automobili vere e proprie. Fu così che già entro la fine di quello stesso 1957, alle BMW 250 e 300 venne affiancata anche la BMW 600, vale a dire una sorta di Isetta con carrozzeria maggiorata in modo da ospitare quattro persone, ed infine, nel 1959, la BMW 700, una vera e propria piccola berlina, anch'essa destinata ad un grande successo commerciale. L'Isetta continuò a vedere le proprie vendite in declino (dai 40 000 esemplari venduti nel 1957 ai 22 000 dell'anno seguente), ma nel contempo aumentarono anche le richieste di BMW 250 e 300 in kit di montaggio per i mercati esteri. Insomma, sebbene le BMW 600 e 700 stessero cannibalizzando le vendite dell'Isetta, imponendosi come nuove fonti primarie di guadagno per la BMW, anche la piccola citycoupé (come veniva chiamata dai tedeschi) rappresentava ancora una significativa fonte di introiti per l'azienda tedesca.

    BMW 600
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    BMW 700
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    Ma nel 1961 le BMW 250 e 300 si rivelarono ormai datate e non più appetibili dalla clientela: la produzione andò così avanti fino all'anno successivo, dopodiché venne fatta cessare in via definitiva.
  3. .
    Potremmo da subito definirla una Jensen Haley con meccanica rivista, ma prima è doverosa una piccola parentesi per capire come si sia arrivata a questa vettura.
    Siamo nel 1973, la guerra del Kippur del 1973, con conseguente aumento della benzina, mette al bando tantissime vetture, sia per i consumi esasperati, sia perchè ritenute frivole e senza un vero senso.
    Così molte spider, che avevano vissuto un boom non indifferente, vennero bandite, abbandonante, indicate di avere come colpa, il fatto di consumare troppa benzina e di essere auto inutili. I costruttori di questa tipologia di vettura, quindi corsero subito ai ripari, cercando di trovare un qualcosa, che potesse a questo punto far diventare più accettabili eticamente. la soluzione fu quella di abbinare la sportività, tipica delle coupè, ad una coda delle station wagon. Nacquero così le Sport Estate, vale a dire delle coupé con carrozzeria hatchback e portellone posteriore. S'inserì in questo filone anche la Jensen, quando, nel 1975, presentò la versione coupé della spyder Jensen Healey.
    Non potendo la Jensen, fare grandi investimenti, si decise di conservare la carrozzeria della versione aperta sulla quale s'innestò, con successo estetico, un padiglione di tipo hatchback. La meccanica era identica a quella della spyder, incluso il motore Lotus Cars 16 valvole di 2 litri da 144cv, mentre le finiture erano di alto livello (con pelle e legno pregiato ovunque).
    Purtroppo la crisi finanziaria che portò, nel 1976 alla chiusura della Jensen, non ci ha permesso di capire le reali potenzialità di tale macchine, che venne prodotta in soli 509 esemplari.

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  4. .
    FIAT 124 Special / Special T \ 1970-71
  5. .
    Negli anni ‘8’, per la precisione nel 1986, la Lamborghini fece uno studio approfondito per la costruzione di una vettura con telaio centrale in carbonio, un precedente curioso, ma poco conosciuto.
    Siamo come detto nel 1986, la Lamborghini sta preparando un prototipo sperimentale dal nome di Countach Evoluzione, questo prototipo nasceva come vetrina o meglio come bandiera tecnologica del reparto compositi di Sant’Agata Bolognese, poco più di una piccola area di un capannone viene allestita per la sperimentazione del nuovo materiale, il carbonio, è presente solo una piccola autoclave per cuocere i particolari realizzato. Negli ani ’80 l’uso del carbonio nelle auto non è così svluppato, comincia a muovere i primi passi in formula 1, e la grande rivale della Lamborghini, la Ferrari, lo usa per la prima volta sul suo veicolo più spinto la Ferrari F40.
    In questo capannone, che la Lamborghini ha dedicato allo studio del nuovo materiale, in modo ancora sperimentale, troviamo un giovane argentin Horacio Pagani (vi ricorda niente la Pagani Zonda?), assunto presso la lamborghini nel 1982, grazie all'intercessione del connazionale e 5 volte campione del mondo di F1, Juan Manuel Fangio.
    All’epoca pagani è il primo a credere nel nuovo materiale, più leggero, ma allo stesso tempo resistente come l’acciaio.
    L’allora direttore Tecnico della Lamborghini, Ing. Luigi Marmiroli, anch'egli proveniente da varie esperienze in F.1, prima con la Ferrari e poi con l'Alfa Romeo, decise così di sperimentare la costruzione di una cellula totalmente in carbonio, realizzata sulla base delle specifiche, dimensioni e forme, della vettura di punta della produzione Lamborghini dell'epoca: la Countach.
    Ed ecco che prende vita una vettura, che esternamente è molto simile alla Lamborghini Countach, con il telaio multitubolare a traliccio, prodotto dalla modenese Marchesi & C. per la stessa Lamborghini..
    Il prototipo fu sottoposto a vari test, infine presentato alla stampa, prima dell’ultimo test, quello di resistenza, un crash frontale per capirne la capacità di assorbimento della cellula abitativa in carbonio.
    Questi studi permisero di capire la bontà del nuovo materiale, infatti gli ultimi esemplari della Countach, la 25° del 1988, presentavano molti particolari in carbonio.
    Oggi la nuova Lamborghini Murcielago presentata nel 2011, con telaio in carbonio, deve molto agli studi che vennero fatti nel 1986.

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  6. .
    Non è proprio una pubblicità, ma dimostra come una volta la Fiat era una bella casa automobilistica, vincendo anche dei premi, oggi, purtroppo con l'era Marchionne mi pare di capire che le cose sono leggermente, dire anche di togliere il leggermente, peggiorate.

  7. .
    Quando il boom economico ci ha portato il benessere, spesso si era costretti a fare le cambiali, con SAVA si entra nel giro della vendita rateale, piccolo esborso per potersi portare a casa un mezzo della linea Fiat, forse la fine della nostra libertà.

    Sava - Vendita rateale Fiat-OM-Autobianchi (Fenech) \ 1966-69 \ ita
  8. .
    Come da titolo non so datare questa pubblicità, ma molto carina

  9. .
    Nuovo SEAT 124 D (FIAT 124) - Famiglia \ 1971-75
  10. .
    Ei non l'avevo visto questo post, ottimo lavoro, molto interessante bravo
  11. .
    La casa Reliant viene ricordata soprattutto per i suoi veicoli a tre ruote, come la Regal o la Robin, veicoli tanto particolari da entrare nel linguaggio comune Inglese. Eppure tra il 1961 ed il 1964 produsse una piccola spider, dal gusto tipicamente Inglese e dotata di 4 ruote la Reliant Sabre.
    In collaborazione con la Autocars d’Israele, nel 1960 il capo di quest’ultimo cercava di costruire una sportiva da vendere in America, la vettura doveva essere leggera comoda e veloce, e aumentare i proventi delle esportazioni, visitando in America il Racing Car Show venne folgorato dalla Ashley Laminates e dal telaio della Lesley Ballamy. Vene così proposto alla reliant la industrializzazione del mezzo, che sarebbe stato poi dotato di un motore di origine Ford Consul.

    Prototipo
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    La prima apparizione della vettura avviene a New York presso la Fiera del Mondo al New York Coliseum nel maggio del 1961.

    La Sabre alla Fiera del Mondo al New York Coliseum
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    Sembra che comunque il mezzo, anche se completo, fosse solo una versione statica. Un articolo apparso sulla rivista Americana la “American Cars”, scrive di avere il sospetto che la vettura non fosse completamente completa e che tornata in Inghilterra sia poi stata smantellata.
    Come sia andata la storia non lo sapremo di certo, ma di certo dal prototipo nacque la vettura che prese il nome di Sabras, piccola parentesi Sabras è il nome di un genere di catus che nasce intorno ad Israele.
    La Autocars non era ancora pronta a industrializzare la Sabras, quindi i primi esemplari vennero costruiti direttamente dalla Reliant e poi spediti in America.

    Autocars Sabras
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    Visto il grande successo della piccoal Reliant Sabre, l’amministratore delegato della Reliant, Ray Wiggin, decise di vendere in Inghilterra la Sabras con il marchio Reliant, venne rivisto il leggermente il nome in Sabre. Al Salone di Londra del 1961, due prototipi con guida a destra vengono presentati al pubblico.
    Purtroppo l’accoglienza fu abbastanza tiepida e la vettura non venne accolta molto bene dalla stampa e dal pubblico, vennero così realizzate soltanto 44 Reliant Sabre, mentre le Sabras prodotte dalla Autocars vennero quasi tutte esportate in america e Canada, anche se ebbero un buon successo in Belgio, che fu il mercato più grande per tale vettura.

    Reliant Sabre
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    La Reliant Sabre e la Autocars Sabras vennero inizialmente mosse da un motore di origine Ford Cosul di 1703 cc, come abbiamo già accennato, successivamente, nel 1962, si passò ad un motore Zodiac di 2553 cc a sei cilindri, che diede origine alla Reliant Sabre six.
    Viene rivisto l’anteriore, mantenendo però il telaio della Sabre Four, ma ci si rese subito conto che non era idoneo a sostenere il motore più pesante, venne quindi utilizzato il telaio della Triumph TR4.
    Nel 1964 la Reliant Sabre venne sostituita dalla Sabre Scimitar Coupè.

    Reliant Sabre Six
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    Il primo prototipo del ’61 con numero di telaio KSBOWN1, sembra che poi sia stato regolarmente venduto e che nel tempo sia passato sotto le mani di ben 7 proprietari, il primo proprietario, forse un dipendente della Reliant è stato Kenneth Bryan. Nel 1978 la vettura è stata data a Ken Trickett e nel 1980 a Martyn Jones, nel 1984 passa ulteriormente di mano e viene ceduta a Derek Ross, sempre nel 1984 la vettura viene ceduta a Keith Healey di Walsal, che la ripristina e ottiene il certificato di vettura originale da parte della Reliant.
    Nel mese di ottobre del 1989 la vettura, ormai in perfetto stato, viene venduta all’asta e acquistata da Morris Cohen che viveva a Northwood, Middlesex, produttore di tessuti e proprietario della catena di supermercati Tesco.
    Nel 2010 la vettura è stata venduta nuovamente a Tony & Jaki Heath, creatori del forum Sabrie six Inglese.
    La Sabre ha avuto anche una carriera nei Rally, nel 1960 guidata da artisti del calibro di Roger Clark e Raymond Baxte, vincendo alcuni premi di classe.
  12. .
    Si l'ho vista, ma non l'ho riportata perchè mi pare troppo moderna e dei giorni nostri. Già ero combattutto se inserire gli anni '90, noi trattiamo solo gli anni '70 ed '80, comunque è molto bella
    lada-vesta-fiyati

    Ciao

    Edited by xericos - 13/5/2015, 13:54
  13. .
    FIAT 850 Coupé - America \ 1965-66


    FIAT Dino Coupé \ 1969-71


    Questa pubblicità della Dino mi fa sorridere, 2418 cc e 180 cv, oggi anche una piccola utilitaria come la fiat 500 può avere tanti cavalli, certo per l'epoca era auto super potenti, ma oggi guardandole con altri occhi fa riflettere, forse le auto di oggi saranno più sicure, ma tutta quella potenza serve realmente?
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    SEAT 124 D Especial (FIAT 124) - Prova \ 1975-76



    FIAT 128 Rally - Prete in ritardo \ 1972
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    La famosa casa Lada, nell'immaginario collettivo legata al piccolo fuoristrada Niva, nasce per volere del Governo Sovietico, che deliberò, nel 1964 la costruzione di un colossale impianto per la produzione di automobili, auto per il popolo, da ubicare a Togliatti, nasce così casa automobilistica russa AutoVAZ (acronimo di Fabbrica Automobilistica del Volga), da non confondersi con le GAZ "Volga", sicuramente è la casa automobilistica Russa più conosciuta in occidente, e quella con il maggior numero di auto prodotte. Oggi il 25% del marchio è proprietà della Renault.
    Nel 1966 la Lada siglerà un accordo con la Fiat per la produzione della 124, nelle versioni berlina e station wagon. Il nuovo enorme impianto produttivo (270 km di linea di montaggio e capacità produttiva di quasi 1 milione di automobili all'anno), venne inaugurato ufficialmente nel 1970 alla presenza del Ministro dei trasporti sovietico Tasarov (mentre l'amministratore delegato della Fiat Vittorio Valletta che aveva partecipato, nei suoi ultimi anni d'attività in Fiat, alla "posa della prima pietra" non poté vedere l'opera terminata perché morì nel 1967), ma venne reso parzialmente operativo anche durante la sua costruzione.
    La prima vettura che viene prodotta è la Lada-Vaz 2101, questa vettura non era altro che una Fiat 124 che differiva per piccolissimi particolari e per delle sospensioni più alte e rinforzate, adatte alle strade Russe.

    Accordo Fiat – Lada
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    Linea di montaggio
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    La vettura, grazie anche alla qualità superiore a quella degli altri modelli prodotti in URSS, dovuta alle catene di montaggio provenienti dalla Fiat, ottenne subito un enorme diffusione. La Zhiguli (nome con cui era nota in patria la 2101, in ricordo dell'omonima catena di colline situata nei dintorni di Togliatti)) contribuì alla motorizzazione di massa sovietica, esattamente come la Fiat 600, la Citroen 2CV e la Volkswagen Maggiolino contribuirono a quella di Italia, Francia e Germania o, per rimanere "oltrecortina", la Trabant nella DDR.

    Lada 2101
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    La 2101 venne più volte rivista e modificata, nei motori, montando anche delle unità diesel di origine Peugeot, nell'estetica fino alla sua uscita di scena nel 2012, dopo essere stata l'auto più venduta in Russia proprio nel 2012, grazie ad una campagna di rottamazione, che l'ha fatta preferire ad altre vetture ben più costose.

    Lada 2105
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    Lada 2107
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    Nel 1976 inizia la produzione della vettura più famosa della AutoVAZ, la Lada Niva, che viene ancora oggi prodotta.

    Lada Niva
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    Il 1984 è forse l’hanno più importante per la casa, si cerca di svecchiare il parco macchine con l’introduzione di vetture più moderne, viene quindi lanciata la prima automobile a trazione anteriore la Lada Samara, con questa vettura inoltre le linee di montaggio vengono modernizzate e si passa alla costruzione mediante robot. La Lada Samara, pur essendo ancora di lontana derivazione Fiat, godeva della distribuzione monoalbero a cinghia anziché a catena, e di una testata sviluppata in collaborazione con la Porsche (cilindrate 1100, 1300, 1500 cc.). Inoltre, l'aerodinamica, per la prima volta su di una vettura di produzione russa, è discretamente curata, con un Cx di 0,36, adeguato per l' epoca. Venne proposta successivamente anche in versione 3 volumi e 4 porte. In Europa Occidentale, dove venne esportata ufficialmente, non ottenne grossi consensi per via della linea non entusiasmante e per la scadente qualità costruttiva.

    Lada Samara
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    Nel 1987 venne presentato il prototipo Oka, una citycar con motore bicilindrico di 750 cc(ottenuto "tagliando" due cilindri a quello della Samara), progettata in collaborazione con Fiat e da produrre in un nuovo stabilimento. Dopo vari ripensamenti ed il ritiro della Fiat e della stessa Lada-vaz dal progetto la Oka venne messa in produzione nel corso degli anni novanta da un consorzio 'SeAZ. Non ebbe successo.

    Lada Oka
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    Dal 1990 la Lada produce la Niva e la 100, se il primo è ormai un mezzo che ha un progetto che risale a più di trent’anni fa, anche se ottimo in fuoristrada, da anni si cerca di aggiornarlo o modificarlo, ma per fortuna per il momento non viene cambiato, la Lada 100 è una vettura più moderna, si fa per dire, visto che comunque la sua linea risulta abbastanza superata, disponibile nelle versioni berlina a 3 volumi (110), berlina fastback (112) e station wagon (111), presenta le novità del retrotreno a ruote indipendenti e del cambio a 5 marce. Oltre al motore russo di 1,5 la 112 può disporre di un più moderno 4 cilindri bialbero 16 valvole 2 litri da 150cv di produzione Opel.

    Lada 100
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    Nel 2001 la Lada-VAZ ha inaugurato una nuova ala dello stabilimento di Togliatti per la produzione, in Joint-venture con la General Motors di alcuni modelli del Gruppo americano. La gamma attuale, per il mercato interno, comprende oltre ad una versione ristilizzata della Samara, la Kalina (variante russa della vecchia Opel Corsa), la Serie 100, la Priora (una variante ristilizzata della 110), la Niva (disponibile anche in versione a passo lungo) e le gloriose 2105 e 2107, ultime evoluzioni della Zhiguli che però, a causa di un crollo del 72% delle vendite è stata tolta dal listino nel maggio del 2012, chiudendo definitivamente l'avventura russa della gloriosa Fiat 124 dopo 42 anni di onorato e robusto esercizio.

    Lada kalina
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    Lada Priora
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    Lada 2105
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    Lada 2107
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    Con l’acquisizione del 25% da parte di Renault dal 2010 viene proposta una vettura chiamata Lada R90, ossia una Dacia Logan MCV con mascherina dedicata e marchio Lada. Il gruppo Renault inoltre fornisce la piattaforma B0, che funge da telaio per i modelli prodotti dalla Dacia, al fine da poter realizzare una gamma di auto per la Lada da vendere sul mercato locale ed estero. Il prototipo Lada R90 è stato, infine, commercializzato sul mercato russo con il nome Lada Largus.

    Lada Largus
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1684 replies since 31/7/2012
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