Matra Djet

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    La Matra Djet, ad ottobre del 2012, ha compiuto la bellezza di cinquant’anni, purtroppo il marchio Matra è scomparso da tempo, dopo l’acquisizione da parte della Renault. Negli ultimi anni aveva creato la Renault Espace, quella in materiali plastici ovviamente e la strana Renault Avantime.
    Oggi esiste un reparto che si dedica alla costruzioni di veicoli elettrici, che mantiene il nome di Matra Manufacturing & Services (abbreviatoMatra MS), ma della Matra originale ormai non ci sono più tracce, la Renault Djet, fa ancora parte di quell’epoca in cui la Matra faceva strane ma belle auto. Presentata al Salone di Parigi del 1962, la Djet era una vettura molto particolare, sicuramente sportiva, che poteva ricordare nella linea la Renault Alpine.
    Prima di proseguire con la storia di questa vettura dobbiamo fare un passo indietro.
    1961 Renè Bonnet e Charles Deutsch rompono il loro sodalizio, la società che ha creato la EPAF con il suo amico e socio fondatore del marchio DB non esiste più, questa rottura è dovuta ad un accordo che prese lo stesso Bonnet con la Renautl, che incrinò, in maniera irreversibile la società. Bonnet quindi si mette in proprio e crea la Società Automobili René Bonnet.

    René Bonnet
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    Dopo aver trovato una nuova sede a Romorantin e un partner industriale attraverso la Matra, René Bonnet preparerà la sua nuova sportiva, rivoluzionaria la Djet.
    Nel periodo in cui fonda la nuova attività, conosce Marcel Chassagny, presidente e fondatore della Matra, un'azienda fino a quel momento impegnata nel settore degli armamenti e dell'aeronautica, ma che stava affacciandosi in quel periodo su altri settori industriali, tra cui proprio quello dell'automobile (nei decenni seguenti si sarebbe espansa anche nel campo aerospaziale e delle telecomunicazioni). Chassagny vide in Bonnet un potenziale partner con cui stringere accordi per una partecipazione finalizzata alla costruzione di autovetture.

    Marcel Chassagny
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    All'inizio degli anni sessanta del secolo scorso, la Matra aveva già cominciato ad interessarsi anche alla lavorazione della vetroresina, soprattutto grazie all'acquisizione della Générale Application Plastique (GAP), un'azienda francese specializzata in tali lavorazioni, Bonnet, al corrente di ciò, commissionò alla Matra la realizzazione della carrozzeria per la nuova vettura.
    Abbandonato ormai la meccanica Panhard, si cerca un nuovo partner in Renault, che si occuperà di fornire gli organi meccanici della vettura stessa: il motore era lo stesso dell'allora neonata Renault 8, mentre il cambio fu preso dal furgone Estafette. Il risultato fu la Djet, una vettura presentata alla stampa l'11 luglio 1962 e al pubblico nell'ottobre del 1962 al Salone di Parigi. Fu lo stesso anno in cui fu introdotta anche una delle sue più strette rivali, la Alpine A110.

    Prototipi
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    Nell’estate del 1962, la Matra Djet iniziò la sua carriera sportiva.
    Bonnet s’ispira sicuramente a vetture come la Lotus e l’Alpine, costruite anche loro in vetroresina, vettura dalla carrozzeria leggera e che permettono di utilizzare motori più piccoli, senza per questo essere lente.
    La Matra Djet prevedeva un telaio a trave centrale del peso di soli 17 kg, su cui poi era applicata la carrozzeria in vetroresina. Va detto però che poco prima della Kermesse Parigina, alcune Matra Djet con telaio a traliccio tubolare avevano corso in alcune importanti manifestazioni sportive, peraltro imponendosi all'attenzione del pubblico e della stampa. Il traliccio tubolare si era reso necessario per irrigidiri ulteriormente la vettura, nella zona delle sospensioni.
    Immagini di versioni da gara
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    Per la versione stradale da produrre in serie si scelse la soluzione a trave centrale perché ritenuta meno costosa. Il motore era sistemato in posizione centrale longitudinale, anche questa una vera novità: di fatto, la Djet è stata la prima vettura di serie al mondo con motore centrale.

    Schema meccanico
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    Il motore utilizzato era un normalissimo C1E di origine Renault 8, con una cilindrata di soli 1108 cc e una potenza massima di 70 cv. In alternativa si poteva equipaggiare la vettura con un motore di pari cilindrata, ma in questo caso con testata a camera di scoppio emisferiche ed una potenza di 80 cv.
    La meccanica prevedeva sospensioni a ruote indipendenti su i due assi.
    L'avantreno era a triangoli sovrapposti con molle elicoidali ed ammortizzatori idraulici telescopici, mentre il retrotreno era a quadrilateri sovrapposti con due ammortizzatori idraulici e due molle elicoidali per ruota. L'impianto frenante era a quattro dischi, mentre lo sterzo era a cremagliera. quanto al cambio, esso era derivato dal furgone Estafette, ed era manuale a 4 marce con frizione monodisco a secco.
    Inizialmente la vettura venne commercializzata come René Bonnet Djet, nelle due varianti da 70 o 80 cv, che prendevano quindi il nome di C.R.B 1 o C.R.B 2, in ogni caso acronimo di Coach René Bonne.
    La vettura venne costruita in ben 6 serie, che venivano distinte appunto dal nome eseguito poi dal numero.
    La prima serie è quella che è stata descritta qui sopra, del 1962, con i motori di 1108 cc e con i levelli di potenza di 70 ed 80 cv.

    René Bonnet Djet I
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    Nel 1963 la gamma si espande con l’arrivo della Djet II caratterizzata da un motore da 996 cc, questo motore è elaborato da Gordini e permette di sviluppare ben 82 cv.

    René Bonnet Djet II
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    Poco dopo arrivarono anche le Djet III e IV, equipaggiate da un motore da un litro ed utilizzate solo in campo agonistico. Mentre la Djet III montava lo stesso motore della Djet II, come anche la Djet IV, che però è esistita anche equipaggiata con una variante bialbero in testa del motore della Djet I. In ogni caso, la produzione di Djet III e Djet IV fu limitata a pochi esemplari, tutti impiegati nel mondo delle competizioni. La Djet fu infatti subito introdotta nelle gare su pista, dove riportò anche alcuni successi. Ben presto la piccola Casa francese cominciò ad avere dei problemi finanziari a causa delle scarse vendite della Djet.

    René Bonnet Djet III - IV
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    Nel 1964, la matrà rilevò la ditta e da quel momento le vetture furono vendute come Matra-Bonnet Djet, ed in due versioni: la Djet V e la Djet V S, quest'ultima elaborata sempre da Gordini. Il motore era ancora una volta l'unità da 1.1 litri derivata dalla R8: nella Djet V la potenza era rimasta a 70 CV, mentre nella Djet V S, dotata di testata emisferica, si poteva disporre di 94 CV.

    Matra-Bonnet Djet V e VS
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    Con queste due serie, furono apportate, per la prima volta, delle modifiche alla carrozzeria, per mano del progettista Philippe Guédon. Inoltre la vettura si vide modificare anche strutturalmente, con un coda più lunga per via dell'allungamento dello sbalzo posteriore, una soluzione che aveva lo scopo di aumentare la capacità del piccolo vano bagagli sistemato dietro al motore, la vettura passò così da 3.8 a 4.2 m di lunghezza, per equilibrare la vettura anche la larghezza venne leggermente rivista grazie all'allargamento dei passaruota e della carreggiate. Solo il passo rimase invariato a 2.4 metri. Le modifiche alla carrozzeria consentirono di migliorare l'aerodinamica, già curata fin dall'inizio, e raggiungere un valore di Cx pari a 0,25.
    Al Salone di Parigi del 1965, la Djet perse la numerazione romana delle sue versioni e il nome Bonnet, divenendo Matra Sports Djet 5.

    Matra Sports Djet 5
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    L'anno seguente, inoltre, perse anche la D iniziale, divenendo Jet 5, come nelle iniziali intenzioni di Bonnet.
    Lo stesso anno fu introdotta anche la Jet 6, con motore da 1255 cm³ rivisto ancora una volta da Gordini e con potenza di 105 CV.

    Matra Jet 5 e jet 6
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    La Djet fu tolta di produzione nel 1968, dopo essere stata prodotta complessivamente in 1.691 esemplari, di cui 198 con il marchio René Bonnet: in questa cifra sono inclusi cinque esemplari destinati alle competizioni, tra cui tre della cosiddetta Aerodjet. A questi 198 esemplari vanno aggiunti 16 esemplari di Djet III e Djet IV, anch'essi destinati ad un impiego sportivo.

    Curiosità:
    Una Matra Djet fu venduta al costo di 14.200 franchi al cosmonauta Russo Yuri Gagarin

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    Un bel design sportivo degli anni '60. :)

    Storia interessante con l'astronauta russo.
     
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1 replies since 22/1/2016, 08:54   543 views
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