Fiat 130

La vera grande ammiraglia Fiat.

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  1. Unopertutti
     
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    La Fiat 130 è un'autovettura che fu prodotta e commercializzata dalla FIAT a partire dall'anno 1969, e sino all'anno 1977.



    Era equipaggiata con un propulsore a benzina contraddistinto dalla classica architettura dei " 6 cilindri a V", caratterizzato dall'iniziale cilindrata di 2,8 litri, incrementata nel corso dell'evoluzione del modello a 3,2 litri, ed era dotata di rifiniture molto lussuose, atipiche per una Casa produttrice che era da sempre considerata dedita alla produzione di veicoli di tipo utilitario.
    La diffusione del modello fu sempre pesantemente ostacolata da una serie di fattori, quali in un primo tempo il continuo paragonarla con analoghi modelli prodotti da case concorrenti (principalmente la Mercedes e la Jaguar), che vantavano nei confronti della FIAT un'indiscussa e consolidata tradizione in qualità di case produttrici di auto di prestigio, e dal successivo palesarsi dell'improvvisa crisi petrolifera che durante il periodo della sua commercializzazione colpì pesantemente l'economia occidentale, poiché i consumi dell'autovettura erano proibitivi, e ciò ne rese esageratamente esoso l'utilizzo quotidiano, rendendola poco appetibile ai potenziali clienti.
    La sua commercializzazione terminò dopo 8 anni di produzione, e in totale ne vennero fabbricati meno di 20.000 esemplari, pur considerando tutte le versioni e motorizzazioni.
    Il codice di progetto interno della vettura era X1/3.

    Il contesto.

    Data l'ormai evidente obsolescenza di modelli quali la 2300 Lusso, i vertici della FIAT decisero di mettere in cantiere la progettazione di una berlina Gran Turismo, che nelle loro intenzioni avrebbe dovuto essere in grado di diventare una temibile concorrente delle autovetture di pari segmento prodotte da case automobilistiche come la BMW e la Mercedes Benz.
    Nonostante i dubbi e le perplessità espresse all'epoca dai progettisti (Dante Giacosa in primis) sull'opportunità di produrre un'automobile non destinata al mercato di massa, da sempre prerogativa "storica" della FIAT, durante la gestazione del modello gli ingegneri studiarono una meccanica raffinata, caratterizzata da particolari soluzioni tecniche, abbinata ad una carrozzeria contraddistinta da una linea decisamente classica, equilibrata, e dall'ampia disponibilità di spazio interno sia anteriore che posteriore, tipica delle "tre volumi" prodotte all'epoca da molte case automobilistiche concorrenti.
    La progettazione della berlina iniziò nel 1963.

    La vettura.

    Dante Giacosa realizzò un telaio contraddistinto dalla soluzione tecnica della sospensioni a 4 ruote indipendenti, mentre Aurelio Lampredi (ex Ferrari) mise a punto (derivandolo tecnicamente dal 2,4 litri che all'epoca equipaggiava la Dino Fiat) un motore a 6 cilindri a V di 2866cm³ erogante 140 HP.
    Il quadro tecnico era poi completato dall'adozione della trazione posteriore, dall'adozione di 4 freni a disco, dall'utilizzo del servofreno, e infine dall'adozione del cambio manuale a 5 marce, che veniva fornito quale alternativa al cambio automatico (Borg-Warner) a 3 rapporti, che veniva invece fornito come primo equipaggiamento.
    Degno di nota il fatto che la FIAT 130 fu in assoluto la prima automobile italiana a essere venduta con il cambio automatico come dotazione di serie, mentre il cambio manuale era disponibile solo su richiesta, come optional.
    Da un punto di vista stilistico la berlina non incontrò mai completamente il favore del pubblico, già a partire dalla sua prima presentazione, avvenuta al Salone di Ginevra nell'anno 1969.
    L'autovettura era caratterizzata da una linea esteriore nel complesso equilibrata, ma piuttosto "carica", in quanto essa era appesantita da un notevole quantitativo di orpelli inutili, come ad esempio i grossi profili cromati che incorniciavano e attraversavano gli eccessivamente ampi gruppi ottici posteriori, o la monolitica e barocca calandra anteriore, caratterizzata da un disegno eccessivamente elaborato e complesso.
    Sulla 130 prima serie venne adottato un cruscotto che stilisticamente ricordava quelli adottati sulle berline americane prodotte all'epoca.
    Sulla 130 seconda serie esso venne sostituito da una plancia caratterizzata da un disegno più classico e da finiture raffinate, in quanto veniva utilizzato legno laccato per guarnirla.
    Gli interni invece erano caratterizzati dall'utilizzo di velluto pregiato o pelle di ottima qualità per rivestire la selleria.
    Essi erano poi anche riccamente equipaggiati da accessori quali il servosterzo e dall'aria condizionata, quest'ultima fornita su richiesta.
    La versione coupé del modello fu poi equipaggiata da un esclusivo optional, in quanto i comandi dell'apertura e chiusura della porta del passeggero potevano essere controllati autonomamente dal conduttore dell'autovettura.
    Dopo averla testata, gli operatori del settore giudicarono la vettura confortevole, sicura e affidabile su strada, ma nel contempo notarono che essa era notevolmente penalizzata dal peso eccessivo e dalla scarsa potenza erogata dal motore che la equipaggiava, circa 140 HP.
    La FIAT, nel corso dell'anno 1970, tentò di porre rimedio a tale carenza incrementando la cubatura del propulsore, ottenendo come risultato un aumento di potenza di circa una ventina di HP, ed il valore della stessa raggiunse i 160 HP circa.
    Tale valore era comunque ancora molto lontano da quelli raggiunti dai propulsori della stessa cubatura che equipaggiavano i modelli prodotti da marche concorrenti, che sfioravano i 200 HP, e che spesso erano caratterizzati dall'adozione di soluzioni tecniche più raffinate, come l'iniezione meccanica.
    A causa di ciò l'autovettura rimase sempre penalizzata nel confronto con le sue dirette rivali (segnatamente la BMW 2800, la Mercedes 280 e Jaguar XJ 2.8).
    Nel corso dell'anno 1971 la FIAT lanciò sul mercato anche la versione coupé del modello, disegnato dalla Paolo Martin (Pininfarina).



    La scocca, assemblata presso lo stabilimento Fiat di Rivalta, veniva consegnata nuda allo stabilimento della Pininfarina che provvedeva sia alla finitura complessiva, sia al marchio.
    La successiva commercializzazione di tale versione fu sempre di competenza Fiat.
    La FIAT 130 Coupé mutuò in massima parte la meccanica dalla berlina, ma il motore del modello in questione era caratterizzato dall'avere una cubatura leggermente superiore, precisamente del valore di 3235 cm³, e ciò più a beneficio della coppia motrice massima e dell'elasticità di marcia che della potenza, cresciuta di poco, da 160 HP a 165 HP.



    Tale motore nel corso dell'anno, venne successivamente utilizzato per equipaggiare anche la berlina, che della coupé adottò anche la rinnovata console centrale, caratterizzata da un disegno più razionale e moderno rispetto a quella che equipaggiava il modello precedente.



    Una altra grave pecca che nonostante i vari tentativi posti in atto allo scopo di ridurre l'entità dell'inconveniente afflisse sempre tale propulsore, furono i consumi specifici, assolutamente proibitivi anche in relazione alla cilindrata, addirittura superiori a quelli di alcuni V8 americani prodotti all'epoca, poiché non era difficile scendere a valori dell'ordine dei 3Km/litro nel ciclo urbano.
    Il problema principale che comunque afflisse il modello durante tutto il corso della sua gestazione e nel corso della sua successiva commercializzazione, fu rappresentato dalla vulgata universalmente accettata e diffusa all'epoca sia presso gli operatori del settore, sia presso i potenziali acquirenti dell'autovettura, poiché essi consideravano la FIAT una casa automobilistica specializzata esclusivamente nella produzione di auto utilitarie, e del tutto incapace o comunque inadatta a cimentarsi in un settore, quello delle berline di lusso, che storicamente non era mai stato di sua competenza.
    Sostanzialmente tale autovettura, oltre che dai suoi limiti, fu sempre eccessivamente penalizzata dalle sue origini "proletarie".
    La grave crisi petrolifera che prese l'avvio nel corso dell'anno 1973 determinò di fatto la morte commerciale del modello, in quanto i consensi tributati alla coupé si limitarono ai soli apprezzamenti per sua linea esteriore, ma non si tradussero mai in consistenti numeri di vendita.
    Inoltre era palese la circostanza che l'utilizzo di un'autovettura caratterizzata da consumi così elevati, complice il costo del carburante, di fatto quintuplicato nel giro di qualche mese, fosse diventato improvvisamente antieconomico.
    La Casa madre inoltre non diede alcun seguito alla produzione di alcuni esemplari unici, sostanzialmente delle evoluzioni stilistiche della coupé disegnata dalla Pininfarina, come la Opera, studiata e prodotta come esemplare unico nel corso del (1974) e la Maremma, studiata e prodotta nel corso del (1975), rispettivamente il prototipo di una berlina a 4 porte e il prototipo di una particolare station wagon a 3 porte, caratterizzata dall'impostazione (Shooting Brake), e contraddistinta da alcune peculiari soluzioni funzionali e stilistiche.

    La Fiat 130 Opera.



    La Fiat 130 Maremma.



    La produzione della berlina cessò nel corso dell'anno 1976, con un saldo di 15.093 esemplari prodotti (di cui circa sei migliaia equipaggiati con il motore "2.8" e nove migliaia equipaggiate con il motore "3.2"), molti dei quali furono acquistati dallo Stato, fatti allestire come auto blindate, e utilizzate successivamente come "auto blu".
    La coupé, invece, rimase in produzione fino all'autunno dell'anno 1977, totalizzando 4.491 unità prodotte.
    Il fallimento commerciale della 130 ebbe come conseguenza primaria il totale abbandono da parte del marchio FIAT del segmento attinente alle auto di prestigio.
    Successivamente, la casa automobilistica, avendo di fatto acquistato il marchio Ferrari, nel corso dell'anno 1969, concentrò l'utilizzo delle sue risorse e delle sue esperienze indirizzando le proprie attenzioni verso gli stabilimenti di Maranello, riprendendo in tale modo i contatti con il segmento attinente alle auto di nicchia.
    Si dovranno comunque attendere gli anni 80, per assistere all'immissione sul mercato automobilistico di un modello appartenente al segmento delle auto di prestigio prodotto da quello che nel frattempo era diventato il "gruppo FIAT".

    Versioni speciali.

    Fiat 130 familiare Agnelli.

    Questa versione speciale venne studiata dal Centro Stile Fiat, appositamente per Giovanni ed Umberto Agnelli, nell'intento di realizzare un esclusivo modello di mezzo di trasporto personale.
    Si trattava di una Station Wagon di netta ispirazione americaneggiante, stilisticamente basata sulla carrozzeria della 130 berlina 3200, di cui inoltre manteneva la meccanica, e venne costruita dalla Ditta Introzzi di Lipomo, che aveva sede a Como.
    Era caratterizzata da alcune particolarità, quali un grande cesto in vimini fissato sul portapacchi, e dall'apposizione di pannelli in legno, (soluzione mutuata dagli analoghi modelli americani prodotti all'epoca) posti sulle fiancate e sul portellone posteriore.
    Tale vettura venne utilizzata da Gianni e Umberto Agnelli durante lo svolgimento delle loro vacanze estive.



    La 130 nelle competizioni.

    Il motore 3.2 venne elaborato ed utilizzato dalla Abarth per il prototipo Abarth SE030, vincitore del Giro automobilistico d'Italia del 1974, che prefigurava le forme e l'impostazione della Lancia Beta Montecarlo, e per il prototipo Abarth 031 che si aggiudicò il Giro automobilistico d'Italia del 1975 e prefigurava la Fiat 131 Abarth Rally.

    La 130 nei media.

    Dal 2000 al 2002 la Fiat 130 comparve nel reality show MTV Trip condotto da Luca e Paolo prodotto e trasmesso da MTV Italia.
    I due conduttori compirono un tour in Europa a bordo di una Fiat 130 targata Bologna con allestimento carro funebre, chiacchierando e creando parodie, sketch e filmati divertenti dei paesi che attraversavano.
    A dispetto della sua limitata diffusione, la Fiat 130 è stata utilizzata piuttosto di frequente nei film e compare in quasi settanta pellicole, soprattutto realizzate negli anni '70, tra cui:
    - La polizia ringrazia del 1973;
    - Piedone lo sbirro, in versione coupé, sempre del 1973;
    - Piedone a Hong Kong del 1975;
    - Febbre da cavallo del 1976;
    - La donna della domenica del 1975;
    - Assassinio sul Tevere del 1979.
    È inoltre, la protagonista del noto film di Lina Wertmuller Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante da strada.
    Nel 1979, il 17 aprile, la Fiat 130 Coupé di proprietà di Gigi Radice e guidata dallo stesso, venne coinvolta in un grave incidente sull'Autostrada dei Fiori nei pressi di Andora in cui perì l'ex calciatore Paolo Barison.

    La 130 nei servizi di Stato.

    La Fiat 130 è stata frequentemente utilizzata come auto di rappresentanza dalle istituzioni politiche negli anni '70.
    Fu "l'auto blu" su cui viaggiava il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro il giorno del suo rapimento.


    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

    Edited by Unopertutti - 31/5/2014, 14:36
     
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    Adoro la 130 coupè, ma anche la 130 familiare, peccato che i consumi erano esagerati, era necessario portarsi dietro una autobotte.
    Ciao
     
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  3. Unopertutti
     
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    A me piacevano tutte, ero ragazzino quando giravano a Torino, erano enormi, ed il consumo proporzionato alla mole.
    Peccato che in Fiat non abbiano fatto meglio i calcoli!!!
     
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    Secondo me se fossero arrivate in America ora avremmo maggiore notorietà.
    Qui era il periodo della crisi e un marchio economico come Fiat, mal si adattava al prestigio della 130.
     
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    Bella macchina. Questo segmento della Fiat non è mai arrivato in Brasile. Un peccato!
     
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    Bella la 130 !! Io mene ricordo soltanto una in zona mia !!!!
     
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